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Un risultato positivo, ma al di sotto della performance del 2016 che aveva visto le prime 100 aziende del lusso segnare un +6,8% nelle vendite. Ma d’altronde tutto il segmento del lusso si è fermato ad “appena” 1 trilione di vendite nel 2017… Tra le 100 aziende del lusso globale le prime dieci concentrano il 47,2% del potere economico, 57 sono in crescita, 22 a doppia cifra. Leader della classifica sono la Francia per fatturato, e l’Italia per numero di aziende, anche nella categoria delle aziende a crescita più accelerata, 6 sul totale di 20.

Prima in classifica è LVMH, gruppo francese che comprende i brand Louis Vuitton, Fendi, Bulgari, Loro Piana, Emilio Pucci, Acqua di Parma, Loewe, Marc Jacobs, TAG Heuer, Benefit Cosmetics. Segue il gruppo della cosmetica Estée Lauder e quindi Richemont, con i brand Cartier, Van Cleef & Arpels, Montblanc, Jaeger-LeCoultre, Vacheron Constantin, IWC, Piaget, Chloé, Officine Panerai. Medaglia di legno l’Italia con Luxottica, proprietario dei brand Ray-Ban, Oakley, Vogue Eyewear, Persol, Oliver Peoples, Licensed eyewear brands, a cui segue unlusso-prada-jeddah-the-boulevard-saudi-arabia-ext-02 altro francese, Kering, titolare di Gucci, Bottega Veneta, Saint Laurent, Balenciaga, Brioni, Sergio Rossi, Pomellato, Girard-Perregaux, Ulysse Nardin.

 

L’Italia è leader nel numero di compagnie di lusso – 24 nelle top 100 – e la sua performance nelle classifica è fortemente condizionata dall’andamento delle principali tre: Luxottica, Prada e Giorgio Armani che, assieme, cumulano circa la metà delle vendite italiane.
Rispetto alle altre realtà e gruppi in classifica, le aziende italiane sono spesso a conduzione lusso-sfilata-armanifamigliare e/o di più piccole dimensioni, ad eccezione di Luxottica. Quindi, in risposta ai detrattori, lo studio Deloitte sembra affermare che “piccolo è bello” e anche vincente, visto che sono proprio le più aziende italiane più piccole ad essere le più performanti, come le sei che si sono qualificate tra le 20 più veloci nella crescita: Valentino, Furla, Moncler, Finos, Dolce & Gabbana, Brunello Cucinelli. E, visti questi nomi, non stupisce che lo studio indichi come fattore determinante per il successo dell’Italia nel lusso, la reputazione di tradizione, héritage e qualità insita nel brand “made in Italy”, un veicolo potente per l’affermazione globale dei brand tricolore soprattutto nel segmento fashion: non a caso, 2 terzi delle aziende italiane tra i top 100 sono del settore moda, abbigliamento e calzature (tra cui Prada, Giorgi Armani, OTB, Max Mara, Salvatore Ferragamo, Dolce & Gabbana, Ermenegildo Zegna, Tod’s…).

Quali aspettative ci sono per il lusso nel 2018? Secondo lo studio Deloitte, l’importanza dei lusso-china-luxury-forecast-1023x511mercati non occidentali si affermerà nel corso dell’anno, con le vendite di Asia, Medio Oriente, America Latina e Africa che assieme supereranno il 50% delle vendite totali del lusso e continueranno a crescere anche negli anni successivi, a discapito di Europa e Nord America, supportate dalla leadership nelle catene di fornitura, l’innovazione tecnologica e gli investimenti internazionali.
Lo shopping esperienziale e tecnologico, con l’uso di AR e AI aiuterà ad intercettare soprattutto Millennials e Generazione Z negli store del lusso: chi non si adeguerà alle nuove trasformazioni digitali, rischierà di perdere la corsa. Queste generazioni di giovani nel 2016 rappresentavano già il 30% dei consumatori del lusso globale, e nel 2025 saranno il 40%: si aspettano prodotti di lusso-luxury-ecommercealto valore, esperienze customizzate, rispetto di valori come la sostenibilità, sociale e ambientale. La sfida è intercettarli in maniera proattiva, con una strategia di comunicazione equilibrata che utilizzi anche il canale “mass market” dei social media, ma senza compromettere i valori del brand, compresa l’esclusività.
Lo stesso timore riguarda l’accessibilità dei brand del lusso, soprattutto in un’era in cui le piattaforme on line moltiplicano la disponibilità sul mercato rischiando di compromettere i valori del brand e di ribassare i prezzi dei beni di lusso: la ricerca di un perfetto equilibrio tra esclusività e accessibilità rappresenta una sfida.
Infine, le strategie omnichannel, se bene applicate possono essere una grande risorsa di crescita: per gestire in modo razionale ordini e magazzino, anche grazie all’utilizzo dell’IoT- Internet of Things, che può permettere di evidenziare le criticità della catena, di raccogliere dati per monitorare la domanda, di abbassare i rischi di gestione e ridurre la complessità…