Quali effetti ha avuto l’avvento della pandemia sul vostro business?

Gli effetti immediati dell’avvento del Covid-19, con i relativi lockdown e limitazioni agli spostamenti delle persone, sono stati prima di tutto l’annullamento da parte dei retailer degli ordini in consegna e di quelli della stagione a venire, con la conseguenza che i calzaturifici hanno perso in fatturato l’equivalente corrispondente a circa il primo semestre dell’anno. Da parte nostra, come agenzia, ci siamo adoperati per cercare di far consegnare e quindi mantenere in essere gli ordini del pronto moda da una parte, e dall’altra per limitare le disdette degli ordini sulla nuova stagione a circa il 50%. Questo significa che l’estivo 2020, che era in consegna quando è entrato in vigore il primo lockdown di marzo, è stato in buona parte spostato sul 2021.

 

Come avete gestito la presentazione delle collezioni ai clienti?

La priorità per noi è sempre stata mantenere il contatto diretto con i clienti e questo non solo attraverso video-call e presentazioni online. Ritengo che le fiere in presenza siano fondamentali per il nostro business, ed è per questo che ho voluto assolutamente partecipare al Micam di settembre con un grande stand, dove ho proposto le novità di collezione dei nostri più importanti fornitori, per poi far seguire una serie di appuntamenti online e presentazioni virtuali. Siamo stati gli unici nel nostro campo a fare una scelta così coraggiosa, ma a mio parere era necessario per comunicare ai clienti che quella che stiamo vivendo è solo una parentesi che a breve si chiuderà.

Per lo stesso motivo, nelle date di svolgimento di Expo Riva Schuh, dal 16 al 19 gennaio, abbiamo organizzato l’evento ‘Expo Garda in UK’, un appuntamento con i nostri buyer dover presenteremo le nuove collezioni e i rinfreschi di stagione, così da rinforzare il messaggio che noi, come agenzia, stiamo andando avanti e che per quanto possibile, manteniamo valido il calendario delle presentazioni e degli ordinativi.

 

Come si presenta il mercato, come sono cambiate le richieste e i bisogni dei vostri clienti?

Senza dubbio stiamo vivendo un momento molto difficile. Per quanto riguarda i nostri clienti, che sono soprattutto le grandi catene di negozi del Regno Unito e degli Stati Uniti, il generale clima di incertezza che si respira porta al timore di esporsi con scelte azzardate e di rischiare in termini di ordinativi, anche perché i magazzini sono pieni di merce invenduta. Per questo motivo tendono a posticipare il più possibile gli ordini delle nuove collezioni, a lavorare sul pronto e a richiedere una grande flessibilità e velocità nelle consegne. Questo da una parte dovrebbe favorire i calzaturifici che lavorano per noi, che sono per circa il 60% le piccole e medie aziende italiane, ma dall’altra parte la forte attenzione al prezzo porta a indirizzare le scelte verso prodotti più economici provenienti dalla Cina e dal Far East.

 

Quali articoli/tipologie di calzature hanno mantenuto comunque la domanda anche in questo periodo di crisi?

La maggior parte della popolazione è oggi in smart working e nell’impossibilità di viaggiare o comunque di spostarsi liberamente. Questo significa che le persone non sono molto invogliate a comprare un nuovo abito o un nuovo paio di scarpe, perché passano la maggior parte del loro tempo in casa. Per questo motivo gli articoli più richiesti sono state le pantofole da casa e le scarpe da jogging o le sneaker.

 

Dalle sue impressioni, come si presentano i mercati americano e inglese rispetto a quello europeo?

Fino a settembre i mercati di Francia e Germania stavano andando relativamente bene, sembrava ci fosse una ripresa, poi purtroppo è arrivata la seconda ondata e tutto si è fermato di nuovo. La Gran Bretagna, tra emergenza Covid e Brexit, è completamente ferma e lavora quasi esclusivamente con l’e-commerce, così come il mercato statunitense, tanto più che l’ultimo lockdown corrispondente al periodo di acquisti prenatalizi, ha fortemente danneggiato il commercio, facendo perdere ai retailer circa l’80% del fatturato degli anni precedenti.

Quali tipi di calzature domineranno a suo parere la prossima stagione?

La calzatura sostenibile, che sembrava essere un trend molto promettente, purtroppo non è partita come era stato previsto e alcuni nostri clienti che avevano intrapreso con decisione questa strada, hanno poi dovuto fare marcia indietro perché l’aumento dei costi non era supportato da un parallelo aumento della domanda da parte del consumatore finale. Le difficoltà economiche che interessano molte famiglie e l’incertezza generale che si respira fanno purtroppo propendere verso una calzatura economica e in questo contesto la Cina, che è uscita da tempo dalla pandemia e ha ripreso regolarmente la produzione, gioca un ruolo da protagonista.

 

Secondo lei, come si può uscire da questa situazione di difficoltà?

Ritengo che, mai come oggi, si debba cercare di tenere duro, di ‘tirare i remi in barca’ e contenere i costi per quanto possibile, in vista di un progressivo ritorno alla normalità che, se tutto andrà bene e complice la diffusione del vaccino, dovrebbe arrivare verso la prossima primavera. Resta comunque il fatto che le aziende si troveranno a muoversi sul mercato con un budget ridotto di circa il 30% e questo condizionerà le loro scelte per tutto il 2021. Molte catene di negozi, inoltre, chiuderanno i punti vendita meno strategici per ridurre i costi, e di conseguenza diminuiranno anche gli ordinativi di merce. Penso che per i prossimi 2 anni, il prezzo del prodotto sarà un fattore-chiave per le politiche d’acquisto, perché le aziende avranno bisogno di margini di guadagno maggiori per compensare le perdite del 2020.

 

Quale ruolo svolgono le fiere in questo contesto?

Come ho detto, ritengo che le fiere, intese come appuntamento in presenza, siano un momento fondamentale di incontro, di scambio di informazioni, di creazione di relazioni di amicizia e di business. Tuttavia, non si può non considerare che le aziende hanno subito gravi danni in questo 2020 e questo condizionerà le loro decisioni di partecipazione o meno agli eventi fieristici. Ritengo che gli organizzatori dovrebbero tenere conto di questo fattore, e venire incontro ai propri interlocutori, almeno per tutto il 2021, riducendo i costi di partecipazione. Sarebbe importante anche fare accordi con la municipalità per contenere i prezzi di alberghi, trasporti, ristoranti, eccetera. La mia impressione è che le aziende e i buyer abbiamo desiderio di tornare al più presto alle fiere in presenza, ma bisognerà creare condizioni favorevoli affinché lo possano fare nonostante budget limitati.