Il Centro Studi di Confindustria Moda (SMI) fa il consueto ‘fermo immagine’ del settore moda maschile nell’anno appena trascorso, che mostra un’Italia sicuramente in netta ripresa rispetto al periodo della pandemia, ma ancora con zone d’ombra e mercati di riferimento per l’export in cambiamento. Come indicano i dati ISTAT, infatti, l’export italiano nel 2021ha messo a segno un incremento del +13,4%, per un totale di circa 7,2 miliardi di euro, mentre l’import è cresciuto del +8,2%, passando a 4,9 miliardi di euro. Nonostante la performance favorevole rispetto al 2020, la moda maschile non è riuscita tuttavia a colmare il divario con i livelli pre-pandemici, con un export inferiore del -5,3% sul 2019.

La prima destinazione del menswear made in Italy è risultata la Svizzera, in aumento del +15,1%, confermandosi così strategico hub logistco-commerciale per le principali griffe del settore; assorbe del resto il 12,2% del totale settoriale. Seguono Germania, a quota 11,2%, e Francia, a quota 10,7%, rispettivamente pari al +21,1% e del +22,6%. Da sottolineare come al quarto posto sia balzata la Cina, superando gli USA, con un aumento medio annuo del +58,8% (7,3% sul totale).  Performance positiva ha caratterizzato anche gli USA (+12,5%), Spagna (+19,1%)e Corea del Sud (+22,9%). In controtendenza rispetto al dato medio, cedono le esportazioni di moda uomo in Regno Unito (-32,0%) e Giappone (-6,6%), oltre che verso Hong Kong (-3,4%).

Al di là del rimbalzo sul 2020, molto sostenuto per la maggior parte delle destinazioni, con solo poche eccezioni, è opportuno rapportarsi con condizioni più ‘normali’ di mercato, ovvero con i livelli pre-pandemici. In questa prospettiva emerge una distinzione tra paesi che hanno pienamente recuperato il contraccolpo della pandemia Covid-19 e mercati, invece, che non sono ancora riusciti a colmare quel gap. I primi quattro mercati hanno effettivamente superato i livelli del 2019: la Svizzera del +6,7%, la Germania del +9,5%, la Francia del +6,6%. La Cina presenta una variazione addirittura del +50,0% sul 2019, che si traduce in oltre 170 milioni.

Al contrario, gli USA e la Spagna, nonostante i buoni risultati del 2021, restano inferiori rispettivamente del -20,1% e del -13,3% a confronto con i livelli del 2019, così come la Russia, sotto del -11,4% rispetto al dato 2019. Maggior preoccupazione desta il mercato inglese: il calo del 2021, che segue quello del 2020, vede le esportazioni italiane inferiori del -46,5% sul 2019, così come il Giappone, che presenta una differenza del -18,3%.

Relativamente alle importazioni, è rimasta in lieve calo la Cina (-1,5%), pur coprendo il 13,6% del totale di comparto, mentre il Bangladesh, al secondo posto, mostra un timido aumento, nella misura del +1,2%. Decisamente più sostenuti risultano gli incrementi delle importazioni da Francia (+22,5%) e da Spagna (+28,0%), così come dai Paesi Bassi (+30,4%) e Belgio (+27,5%) porte di ingresso in Europa per merci asiatiche.