Secondo il bilancio settoriale del Centro Studi di Confindustria Moda per SMI, la moda maschile italiana (che comprende abbigliamento in tessuto, maglieria esterna, camiceria, cravatte e abbigliamento in pelle) archivia l’anno 2022 in area positiva: il fatturato, grazie a una crescita pari al +20,3%, raggiunge gli 11,3 miliardi di euro, confermando così le previsioni di crescita del +20,5%, e il superamento dei livelli pre-Covid (turnover del 2019 pari a 10,1 miliardi). La moda maschile concorre al 18,2% circa del turnover complessivo, e al 27,4% circa della sola parte abbigliamento. Con riferimento ai singoli micro-comparti, tutti chiudono il 2022 con variazioni positive, con la camiceria che mette a segno una crescita sopra la media, del +28,4%.

A fronte di una vivace crescita dei flussi di importazione dall’estero, nel 2022 il valore della produzione è stato caratterizzato da una dinamica favorevole, ma su tassi meno vivaci rispetto a quelli del fatturato, chiudendo i dodici mesi a +8,4%.

Con riferimento all’interscambio con l’estero, l’export ha mantenuto il suo ruolo di primo piano, concorrendo al 73,2% del fatturato. Su base annua le esportazioni di settore fanno registrare una variazione del +24,8%, sfiorando gli 8,3 miliardi di euro. Allo stesso tempo, l’import sperimenta una crescita ancora più dinamica, pari al +43,9%, e si porta a 5,8 miliardi circa. Nel confronto con i livelli pre-pandemici, le esportazioni risultano superiori del +17,9% (vale a dire di quasi 1,3 miliardi); le importazioni del +23,9% (in valore assoluto quasi 1,1 miliardi in più).

Alla luce delle suddette dinamiche di export ed import, nel 2022 il settore sperimenta una riduzione del saldo commerciale, che risulta in attivo per 2,5 miliardi di euro perdendo circa 115 milioni di euro nei dodici mesi.

Con riferimento agli sbocchi commerciali, si sottolinea come sia le aree UE, sia quelle extra-UE si siano rivelate favorevoli per il comparto, crescendo rispettivamente del +25,6% e del +24,0%. Il mercato UE copre il 45,4% dell’export totale di settore, mentre l’extra-UE risulta il maggior “acquirente”, assorbendo il 54,6%. Analogamente, nel caso delle importazioni, dalla UE proviene il 41,4% della moda maschile in ingresso nel nostro Paese, mentre l’extra-UE garantisce il 58,6%. 

Il mercato italiano

Il quadro è sempre caratterizzato dal recupero, ma ancora lontano dai livelli pre-pandemici. Nel 2022, gli acquisti di moda maschile da parte delle famiglie segnano una variazione del +9,6% rispetto all’anno precedente, evidenziando un rallentamento nel ritmo di crescita. Rispetto al valore del 2019, il sell-out è, inoltre, ancora inferiore del -6,5%.

A livello di canale distributivo (si ricorda che tali dati, essendo disponibili per stagione, sono relativi al periodo compreso da marzo 2022 fino a febbraio 2023), il mercato uomo nazionale si conferma dominato dalle catene, la cui incidenza si assesta al 46,4%, con la GDO che si attesta al secondo posto, con una quota del 22,1%, sostenuta da un recupero degli acquisti nella misura del +11,7%. Si sottolinea in questa sede la frenata del dettaglio indipendente, che flette del -1,4% dopo il rimbalzo del +56,0% registrato nel corrispondente periodo 2021-22: nel settore uomo rappresenta una quota del 18,6%. Al contrario, l’on-line, dopo la battuta d’arresto, che aveva portato a contabilizzare un calo delle vendite digitali del -12,6%, torna a crescere del +7,1%, che si traduce in una quota dell’8,8%. Nel periodo in esame, gli altri due retailer fisici, ovvero ambulanti e outlet, segnano rispettivamente -7,6% e +5,5%.