Ogni volta che abbiamo innovato un processo con la tecnologia, abbiamo guadagnato tempo e questo ci ha permesso di spendere la manualità dei nostri artigiani esperti per impreziosire le scarpe con qualche dettaglio che le macchine non saranno mai in grado di realizzare.

Percepisci subito qualcosa di diverso nel paesaggio. Dopo strade distese in pianura, il mare frange le colline; il sole non cala più come una lama, si spezza sui monti e fatica a raggiungere le spiagge. Le Marche si presentano così: una novità, un cambio di prospettiva.

Giordano e Manuelita Torresi
Giordano e Manuelita Torresi

È Giordano Torresi, Project Manager di La Manuelita, a pronunciare la frase/manifesto iniziale ed è lui a condurci nell’affascinante mondo de La Manuelita, azienda calzaturiera che realizza calzature di lusso con un mix sapiente di tradizione e innovazione. Parlare con lui è un po’ come arrivare fra i colli marchigiani: senti che qualcosa è cambiato, che il panorama dei suoi orizzonti è molto, molto diverso dal passato.
“Innoviamo in termini di processo, metodologie e strutture. Applichiamo tecnologie evolute e pionieristiche nell’ambito calzaturiero, che si accompagnano a una profonda conoscenza della tradizione, di come si costruisce una scarpa e delle reali problematiche produttive”.
Emblema dell’azienda è diventato proprio il Centro di Ricerca e Progettazione interno, denominato: Progetto. Una business unit di La Manuelita fondata con l’obiettivo di ideare soluzioni avanzate per lo sviluppo della progettazione della calzatura, dal prototipo al campione, ingegnerizzando e automatizzando attraverso l’applicazione del mondo digitale, i processi industriali, capaci di migliorare la qualità, e ridurre costi e tempi di produzione.
“Per fare vera innovazione è importante che chi la pensa e la propone conosca perfettamente il modo tradizionale di costruire una scarpa. Deve essere innestato nel mondo della produzione per individuare i punti roventi su cui può battere il martello del rinnovamento portando efficace novità.
La vera innovazione poggia sulle spalle della tradizione. Innovare non significa fare terra bruciata di quanto è alle spalle, bensì evolvere ciò che già esiste, ripensare i processi senza timore.
Innovare significa fare esattamente le stesse cose necessarie un tempo, migliorandone la qualità e l’efficienza”.

image003

Qual è la vera sfida di questo vostro ambizioso progetto?
“Far lavorare i robot anche sui modelli da donna tacco 110: l’automazione non è solo per la scarpa sportiva. Anzi, sono proprio le calzature femminili del lusso, che richiedono precisione millimetrica, a poter meglio sfruttare i vantaggi del digitale e dei macchinari più avanzati.
Certo, per farlo, devi ripensare anche alcune parti del processo produttivo e dell’ingegneria dei componenti. Ma questo è un processo inevitabile che le produzioni del lusso stanno affrontando già da alcuni anni. C’è già nel nostro segmento una attenzione maniacale all’industrializzazione che assicuri consistenza nella qualità. E su questo l’innovazione tecnologica può giocare un ruolo chiave.  

Perché, allora, non tutti guardano all’innovazione con lo stesso interesse?
“Forse perché significa cambiare quello che si è fatto per tanti anni e che ha avuto successo nel passato. Ma della tradizione non bisogna conservare tutto per legge. Ciò che oggi non porta valore aggiunto forse vale la pena cambiarlo.  Innovazione, per noi, non significa rendere tutto automatico, ma crescere e valorizzare il sapore del lavoro artigianale”.

Qualche vostra innovazione organizzativa che ha avuto successo? 
“Abbiamo cambiato il modo di organizzare la manovia e il controllo della qualità in fabbrica: da noi è la sapienza della persona che determina il tempo da dedicare a ciascuna fase, non un ritmo imposto da una manovia automatica. Inoltre, abbiamo aumentato di tanto il numero di controlli qualità in linea disaccoppiando le fasi e verificando più spesso che la scarpa sia perfetta nel suo procedere lungo la produzione”.

perfezione_ideaDa cosa ha senso partire per rinnovare un calzaturificio?
“A nostro avviso un punto di partenza fondamentale è la progettazione in 3D della scarpa e dei suoi componenti. Per noi questo ha voluto dire poter attivare tanti percorsi virtuosi: la progettazione 3D realizzata all’interno de La Manuelita ha permesso ai nostri fornitori, specialmente quelli dei componenti del fondo, di lavorare in parallelo e dunque guadagnare tempo nello sviluppo tecnico senza fare sconti alla qualità. La progettazione 3D degli accessori metallici ci permette di realizzare prototipi con la stampa 3D e vederli sulle scarpe senza aver dovuto investire in un nuovo stampo. Abbiamo persino costruito strumenti per l’industrializzazione e il controllo qualità usando la stampa 3D. Infine la progettazione tridimensionale ci permette di interagire con i nostri clienti, sia B2B sia B2C utilizzando rendering e applicazioni di realtà aumentata. Oggi siamo in grado di sdifettare una calzatura senza essere fisicamente nella stessa stanza con gli stilisti e i tecnici delle aziende che collaborano con noi. Digitalizzare il lavoro è fondamentale per noi: oggi la nostra fabbrica si può integrare con i sistemi PLM dei nostri clienti e questo ci permette di offrire ai clienti un livello di servizio che va ben al di là del prodotto che produciamo per loro”.  

Le persone che lavorano nel settore sono pronte a questa rivoluzione?
“Innovare e digitalizzare significa creare nuovi ruoli in azienda. Da una parte avere una tensione all’innovazione ci permette di attrarre persone di talento a lavorare con noi. D’altra parte ci permette di migliorare il lavoro di chi già da anni collabora con noi e in questo modo assicurarci che le competenze chiave che servono per mantenere alto il livello qualitativo restino a lavorare nella nostra azienda. Dobbiamo però essere consapevoli che alcune competenze non sono facilmente reperibili sul mercato del lavoro soprattutto nell’industria della calzatura. Per questo motivo stiamo creando un’Academy della calzatura all’interno di palazzo Bartolucci, nel centro storico di Sant’Elpidio. L’obiettivo è quello di formare gli ingegneri della robotica applicata alla calzatura o i designer 3D della calzatura, cioè quelle figure di cui noi abbiamo già bisogno e che in futuro ci auguriamo possano trovare impiego anche nelle altre fabbriche del distretto”.

giordano_torresi_work-120Questa è una strada possibile anche per le PMI?
“Riteniamo che questo tipo di innovazione sia una strada percorribile anche per le piccole e medie aziende italiane ed è una buona opportunità per mantenere quello che sappiamo fare meglio, cioè le scarpe di qualità, preservando una marginalità che ci consenta di crescere e di rendere sostenibili le nostre aziende. Il nostro sogno è quello di riportare in Italia anche lavorazioni attualmente prodotte all’estero e questo è possibile solo se troviamo il modo di valorizzare i nostri punti di forza e allo stesso tempo offrire ai nostri clienti prodotti e servizi di qualità a dei costi ragionevoli”. 

Cosa è più urgente perché ciò avvenga?
“Servono incubatori di start-up per sviluppare idee concrete a partire dalle esigenze della fabbrica. Serve una forte connessione fra le aziende calzaturiere per sviluppare strumenti comuni innovativi, pre-competitivi, e connessioni con aziende di altri settori che già operano su certe tematiche (come l’automotive).
Serve un cambio culturale che spinga i senior a rischiare e i giovani a tornare in manovia. Che faccia comprendere a tutti che la manovia del futuro prossimo è in realtà un laboratorio artigianale di livello tecnologico avanzato. Se un tempo ci dicevano: ‘Se non hai voglia di studiare ti mando in fabbrica’, oggi è venuto il momento di dire: ‘Studia, per andare in fabbrica’”.


Clicca qui per guardare l’intervista completa