Anche la calzatura italiana, sebbene al momento dell’apertura non avesse ancora volumi molto significativi diretti verso l’Iran, tuttavia aveva registrato un sensibile aumento delle esportazioni proprio a ridosso di quella data: +76% nei valori e +115,2% nei volumi nel 2015 rispetto al 2014, che aveva fatto raggiungere quota 84.336 paia, per un controvalore di 3,33 milioni di euro.

Il balzo non è passato inosservato da parte di Assocalzaturifici, che già nel dicembre 2015 aveva organizzato una missione esplorativa nel Paese, condotta da Andrea Brotini:

L’Iran ci sembra un mercato a cui fare attenzione, che offre nel medio e lungo periodo delle interessanti opportunità – aveva dichiarato allora il Vice Presidente di Assocalzaturifici con delega all’Internazionalizzazione, Asia e Paesi Emergenti -. Per il momento, nonostante siano presenti sia monomarca che multimarca, con qualche brand importante come Moreschi, Fabi e Geox, il mercato versa ancora in una situazione difficile… tuttavia, c’è un grande potenziale per il Made in Italy, che qui è conosciuto per la sua qualità e la sua aura glamour. Il nostro auspicio è che, tolto l’embargo, ora le cose si mettano in moto in fretta…

A distanza di un anno da queste parole, purtroppo non è avvenuta l’auspicata accelerazione, per una serie di motivi. Oltre al non incoraggiante clima recessivo globale, l’Iran annovera due importanti ostacoli alla penetrazione del mercato: l’aumento dei dazi all’importazione di calzature che, passati da 70 al 120%, hanno comportato uno svantaggio competitivo notevole per la già costosa calzatura italiana, e l’arretratezza del sistema creditizio iraniano, che rende difficili i pagamenti. Proprio queste criticità hanno messo un freno ai progetti che molte importanti firme del Made in Italy calzaturiero avevano nei confronti del mercato iraniano.

iran01Chi è rimasto, invece, ha continuato a consolidare le sue posizioni. E’ stato il caso, ad esempio, di Moreschi e di Fabi. La firma vigevanese, presente sul mercato iraniano dai tempi dello Scià, ha mantenuto i rapporti commerciali con l’Iran anche dopo la rivoluzione islamica, tramite il porto franco di Kish. E’ stata anche la primissima ad aprire un punto vendita nella capitale, nel 2013, presso il Modern Elahiyeh Mall…

Attualmente siamo presenti a Teheran anche in 4-5 multibrand store – spiega Mario Moreschi, consigliere delegato dell’azienda -. In futuro, vogliamo puntare di più sul nostro marchio e quindi abbiamo in programma una seconda apertura a Teheran e pensiamo anche ad un investimento fuori dalla capitale, stiamo ancora valutando in quale città…

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Mario Moreschi

Forte di questa esperienza, Mario Moreschi offre qualche consiglio a chi volesse entrare in questo mercato:

Chi ha la fortuna di puntare sulla fascia premium e lusso, ha un immediato riconoscimento: gli iraniani sono gente che viaggia, che è connessa ai social network, conosce i brand internazionali ed è attento alla moda… la fascia media della popolazione, ha accesso soprattutto ai prodotti di provenienza turca, ma anche iraniani e cinesi… il Made in Italy di fascia media potrebbe avere delle possibilità… Il suggerimento che posso dare a chi si avvicina al mercato è: primo, depositare il marchio per proteggerlo. Secondo, cominciare a farsi un viaggio nel Paese andando alla ricerca dei commercianti, iniziando a stringere relazioni commerciali. Non è facile, perché è un mercato che si sta mettendo in moto adesso, ed è difficile trovare il giusto interlocutore, ma questa è la strada da tentare.

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Gianmaria Vacirca

Condivide questa opinione anche Fabi, che da due anni ha aperto un punto vendita nella capitale, presso il mall City Star:

È innegabile che ci sia una attenzione al prodotto italiano, che è considerato alla moda ed esteticamente bello: argomento a cui gli iraniani, eredi della ricca tradizione culturale persiana, sono sensibili — dichiara GianMaria Vacirca, Head of Marketing & Communication del brand — La sensazione è che, però, il mercato iraniano sia alla ricerca di una fascia di prezzo inferiore a quella del Made in Italy: certo, per la fascia premium, dove si situa l’off erta di Fabi, c’è sempre una piccola percentuale di persone che si possono permettere di acquistare il prodotto. Ma per gli altri, il prezzo è un fattore determinante.

Un fattore oggi aggravato dall’aumento dei dazi che penalizza la calzatura italiana rispetto ai prodotti della concorrenza locale, nonostante tra i due ci sia un gap di qualità considerevole.

Nonostante i punti a sfavore, la strategia attendista non paga e le aziende che non si affretteranno a fare le loro avances al mercato iraniano potrebbero esserne escluse in futuro: un modo per avviare i primi contatti è off erto dalle due principali manifestazioni fieristiche italiane, theMICAM per il prodotto fine e fashion ed Expo Riva Schuh per quello di volume. L’attento scouting delle due organizzazioni fieristiche ha permesso di allestire degli incoming di buyer iraniani alle ultime edizioni delle fiere: opportunità che le aziende più lungimiranti non si sono fatte sfuggire, avviando ify primi contatti con un mercato dal potenziale ancora inespresso.