Quella che stiamo vivendo si trasformerà sotto molti aspetti nella ‘nuova normalità’, e anche l’esperienza di acquisto – sia essa digitale o fisica – ne uscirà profondamente trasformata. È quindi estremamente importante capire come è cambiato il consumatore in questo lasso temporale e che cosa ricerca nell’esperienza d’acquisto. Un interessante studio in merito e che ha cercato di rispondere a queste domande è quello proposto da Massimo Curcio – Associate Partner KPMG Advisory, presentato in occasione del ‘Retail transformation summit’ de IlSole24Ore.

Secondo i dati raccolti dalla ricerca emerge un consumatore innanzitutto più sensibile rispetto al passato verso la sostenibilità e l’impegno sociale, quindi indirizzato a premiare maggiormente i marchi capaci di andare oltre il mero profitto, a vantaggio del benessere dell’uomo e dell’ambiente.

Un aspetto sottolineato anche dal sociologo e fondatore di Future Concept Lab, Francesco Morace, che ha parlato di ‘catena della fiducia’ che si è via via affermata e sviluppata in parallelo alla tradizionale ‘catena del valore’ e che sarà sempre più importante nel prossimo futuro: la pandemia ha, cioè, accelerato determinati fenomeni, come il digitale, ma ha anche acuito la sensibilità del consumatore, ha aperto gli occhi sul fatto che in una dimensione in cui conta il bene comune, conta di più chi fa del bene. Questo comporta che il consumatore di oggi manifesti maggiore riconoscimento e interesse verso i marchi che si impegnano sul territorio, a difesa dell’ambiente, dell’uomo e dei lavoratori, e in questo processo il punto vendita assume un ruolo fondamentale in quanto luogo di incontro fisico tra azienda/marchio e cliente.

Un altro trend importante che tocca direttamente il mondo del retail è l’ascesa del glocal, con i negozi di vicinato che tornano protagonisti della vendita grazie alla loro conoscenza diretta e più approfondita dei bisogni del cliente e di un rapporto più personalizzato, fatto anche di consigli e supporto del personale di vendita, oltre che di amicizia.

E poi, naturalmente, l’avvento della pandemia ha portato ad un’impennata dell’acquisto digitale, verso il quale il consumatore ha oggi maggiore confidenza e mostra un atteggiamento più ‘esplorativo’, e dove è più che mai importante proporre un’esperienza di navigazione sicura e semplice.

Con i vari lockdown, cambia anche il ruolo della casa, che diventa un vero e proprio ‘hub’ dove si fanno diverse esperienze di vita – dal lavoro attraverso lo smart working alla didattica a distanza, dalla socializzazione allo shopping, appunto – e in cui si vive alla ricerca di inediti momenti di consumo. Secondo Curcio, la nuova esperienza di acquisto da parte del cliente sarà basata prima di tutto su un approccio multimediale. L’offerta sul punto vendita fisico dovrà quindi comprendere momenti esperienziali legati ai processi di consumo dei beni, ma anche lo sviluppo di nuove proposte di valore incentrate sui servizi alla persona, che vanno dal servizio a domicilio alle informazioni sul prodotto. Il negozio vincente sarà quindi capace di offrire esperienze gratificanti, in grado di recuperare in particolare la socializzazione persa durante i mesi di distanziamento sociale.

Preoccupati per la loro salute e limitati dalle restrizioni, i consumatori sono oggi alla ricerca di ambienti raccolti dove fare acquisti, tanto online quanto offline, e dove vivere un’esperienza unica e personalizzata. E non è un caso che a rischio sono oggi soprattutto i grandi centri commerciali (-256% di guadagni nell’ultimo anno secondo una ricerca pubblicata su CNBC), cresciuti negli ultimi 50 anni ad una velocità doppia rispetto alla popolazione statunitense e che tuttavia oggi appaiono inappropriati e incapaci di rispondere ai bisogni di un mondo trasformato. Nascono e si diffondono, invece, nuove soluzioni di vendita come gli slow shop, come nella soluzione adottata ad esempio da Bigi Cravatte Milano, cui si può accedere solo su appuntamento come nelle private sales e dove ci si può affidare alla competenza di chi conosce a fondo le caratteristiche di un capo o di un accessorio, lasciandosi guidare e consigliare.

Secondo Leonardo Comelli di M-Cube, si può riassumere in tre parole-chiave il ruolo del punto vendita del prossimo futuro: intrattenere, comunicare, emozionare. Secondo i dati raccolti da M-Cube sui grandi retailer, se da una parte questi stanno chiudendo store a bassa redditività, dall’altra stanno impegnandosi in grossi investimenti nei flagship store perché capaci – più di altri canali – di raccontare la storia e lo spirito del brand. In questo ritorno al punto vendita fisico iconico del marchio la tecnologia la fa da padrona per rafforzare l’identità di marca: creare esperienze emozionali, accompagnare il cliente alla scoperta del prodotto e fornire prodotti customizzati. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, un esempio ci viene dalla tecnologia di Lenovo, che ha realizzato dei tavoli digitali da collocare nel punto vendita capaci di leggere le etichette dei capi e suggerire abbinamenti con altri capi o accessori correlati, proprio come avviene solitamente sul web.

Di fatto, come afferma il sociologo Francesco Morace, si parlerà sempre di più di ‘onlife’, di integrazione tra on e offline, per uno scenario retail in trasformazione, sempre più pervasivo rispetto alle differenti esperienze e momenti di vita di ciascuno.

In questo quadro di integrazione tra on e off line si inseriscono anche i trend in crescita degli avatar, perfette repliche di noi stessi cui in un futuro ormai prossimo si potranno far indossare i capi al posto nostro e ovviare al problema di taglie e resi.

Sono di fatto già una realtà gli avatar di celebrities e influencer presenti ad eventi fashion come nel caso di Chiara Ferragni e Dua Lipa, invitate a prendere parte in versione ‘digitale’ all’ultima edizione della Fashion Week milanese. Per non parlare del fenomeno del ‘fashion gaming’, che vede personaggi virtuali tratti dai videogiochi chiamati ad indossare per noi capi griffati e di ultima tendenza, come è avvenuto ad esempio per gli animaletti antropomorfi di Animal Crossing vestiti da Valentino e Marc Jacobs.

Più a monte, anche il lavoro dei buyer è sempre più a doppio binario, con la diffusione accanto agli showroom fisici dei virtual showroom, dove è possibile visionare l’intera collezione in totale sicurezza e senza bisogno di spostamenti, interagendo con il personale di vendita in modo del tutto simile a quanto avviene offline.

La tecnologia può anche venire in aiuto diretto al negoziante in un momento così difficile come quello attuale per gestire la rubrica dei contatti e fare promozioni e vendite mirate. Un esempio in questo senso è la web app Shoplà, che permette di gestire i clienti in modo digitale riunendo in un’unica app tutte le funzioni essenziali per la vendita, cioè database, agenda, campagne marketing via sms o e-mail e video-vendite. Vi si possono inserire tag personalizzati come taglia del cliente, marchi preferiti, stile, caratteristiche di spesa, etc. per poi inviare comunicazioni ad hoc, oppure organizzare video-vendite senza bisogno di ricorrere ad altri ambienti digitali, mantenendo così un rapporto diretto e immediato con i clienti anche se risiedono all’estero o in un’altra città, oppure creare e gestire appuntamenti con i clienti, in negozio o tramite videochiamata.

Omnichannel
The shop of the future
Animal crossing – New Horizons – Valentino
Animal crossing – Valentino
Animal crossing – Valentino
Animal crossing – New Horizons – Marc Jacobs