Archiviato il difficile biennio 2014-2015, la calzatura made in Italy è tornata a crescere sui mercati della CSI e Russia.

Nel 2016 timidamente, archiviando un +13,2% in quantità a fronte di un -3,3% nei valori, mentre ad inizio 2017 in maniera più decisa, come evidenziato dai dati dell’export italiano dei primi cinque mesi: +29% nei volumi e +14,3% nei valori. Nello stesso periodo, il made in Italy ha esportato nella sola Russia 2,8 milioni di paia di calzature per un valore di 150 milioni di euro, rispettivamente +33,5% e +17,2% rispetto allo steso periodo dello scorso anno: certo, siamo ben lontani dalle quote record del 2013, tuttavia un primo passo nella giusta direzione è stato compiuto.
Nonostante i mercati di questa parte del mondo si siano messi in moto, il panorama e le regole sono nel frattempo cambiate.

Ne parliamo con due esperti del settore, Arturo Venanzi, consigliere Assocalzaturifici con delega mercato russo, e Marino Fabiani, consigliere Assocalzaturifici responsabile per i paesi della CSI.

Come sono cambiati il mercato russo e della CSI?

Arturo Venanzi
Arturo Venanzi

La Russia non è più lo stesso mercato del passato: oggi si è ristrutturato e presenta ormai tutte le caratteristiche di un mercato maturo, – risponde Arturo Venanzi – aperto alla concorrenza dei player internazionali e più difficile da approcciare con le proprie sole forze. Insomma, la torta si è ridotta e solo le aziende più organizzate possono mantenere la loro fetta. Quanto al prodotto che ha più successo, indubbiamente è il made in Italy alto di gamma: la fascia di prezzo più alta non ha sentito il contraccolpo della crisi, anzi, ha pure guadagnato delle quote. La fascia media ha invece preferito una strategia di abbassamento dei prezzi per restare competitiva sul mercato.

Marino Fabiani
Marino Fabiani

Il buyer tipico del nostro prodotto si è lentamente spostato verso soluzioni di acquisto che premiassero l’economicità a discapito della sua qualità – aggiunge Marino Fabiani, allargando la visione al resto della CSI – Abbiamo assistito a fughe di domanda verso prodotti e produttori che propongono collezioni a buon mercato. Ecco, la risposta del nostro settore è stata e continua ad essere sotto molti aspetti geniale: si cerca di offrire un nuovo tipo di prodotto che riunisca in se tutte le caratteristiche che prima erano soddisfatte da due o più articoli differenti. In pratica, una scarpa che va bene sia per la quotidianità che per la sera, che racchiuda cioè caratteristiche di praticità, comodità eleganza e raffinatezza. Tutto contemporaneamente, senza penalizzare la qualità dei materiali ad un prezzo sempre più contenuto. Si capisce facilmente quanto tutto ciò sia complicato in termini di ricerca e finanziari…

In base ai dati di settore e al sentiment raccolto sui mercati, quali aspettative avete per il futuro?

La nostra aspettativa è che la Russia si stabilizzi e riparta, superando del tutto gli ultimi due anni di crisi. – dichiara Arturo Venanzi – Crediamo tantissimo in questo mercato – conferma infatti Arturo Venanzi – e infatti continuiamo ad investirci non solo con l’organizzazione di Obuv, che si presenterà alla prossima edizione con un nuovo layout e una nuova immagine, ma anche con iniziative speciali. Come ad esempio la mappatura del retail russo condotta in collaborazione con Ice Mosca, oppure gli incoming di buyer russi alle edizioni di Obuv e di the MICAM….

C’è una ripresa di interesse da parte di tutta un’area geografica che, dopo le vicissitudini politiche ed economiche degli ultimi anni, aveva scelto canali di approvvigionamento alternativi che non premiavano più il prestigio e la qualità tipica del made in Italy – rincara Marino Fabiani. Il ritrovato entusiasmo per una crescita futura e la positività mostrata da questa fascia di clientela ci spinge a nutrire un moderato ottimismo per le prossime stagioni, dove possiamo pensare ad un incremento di fatturato e nuove partnership commerciali, se non al recupero di vecchie collaborazioni perse negli anni per via della succitata instabilità politico-economica.