Quell’istante in cui le tue dita si chiudono attorno ai manici di un sacchetto lucido e ancora perfettamente liscio, e tutte le fantastiche cose nuove al suo interno diventano tue, a cosa si può paragonare? Una domanda a cui la protagonista del romanzo I love shopping non ha esitato a rispondere “un piacere puro, assoluto, totale”.

Una risposta che non si discosta molto dalla realtà dei fatti. Nonostante le difficoltà degli ultimi tempi, infatti, lo shopping continua a essere vissuto come un momento di svago e divertimento dalla maggior parte degli italiani. Secondo il report rilasciato da Pulsee Luce e Gas Index, per oltre l’81% degli intervistati “fare acquisti” è positivo e, per il 50%, persino piacevole. 

A differenza della protagonista del romanzo di Sophie Kinsella, però, la ricerca della bellezza e del buon gusto non passa attraverso acquisti compulsivi, bensì ponderati: oltre il 78% riflette attentamente prima di comprare qualcosa

Una tendenza alla riflessività confermata dalla frequenza con cui gli italiani fanno shopping: il 32% acquista capi d’abbigliamento 1-2 volte al mese, mentre il 22% addirittura ogni sei mesi. Queste abitudini riflettono l’elevata sensibilità che gli intervistati – ben il 72,5% – hanno dimostrato nei confronti dell’ambiente, e l’importanza che l’80,5% di loro ha attribuito all’acquisto consapevole di indumenti per ridurre l’impatto ambientale dei consumi individuali.

L’attenzione del rapporto tra fashion e impronta ambientale, però, non interessa solamente la sfera delle preferenze individuali per lo shopping, ma favorisce anche la diffusione di un vero e proprio attivismo green, che fa luce sul problema dell’inquinamento legato al settore come, ad esempio, sul consumo di energia e materie prime.

Nonostante più del 43% degli italiani abbia affermato di aver acquistato più volte indumenti e scarpe e di non averli mai indossati, in vista del progressivo rinnovamento dell’armadio questa nuova attitudine green li porta a prediligere capi realizzati con processi di produzione sempre più etici. Tra i principali requisiti di sostenibilità, per un capo d’abbigliamento, si trovano: processi produttivi che rispettano standard ambientali, selezione di materiali naturali/organici, garanzia di condizioni dignitose per i lavoratori, l’applicazione dei principi di economia circolare. 

Tuttavia, la produzione di abbigliamento sostenibile presenta anche alcuni limiti: per molti (il 34,9% del campione), il prezzo elevato costituisce una barriera d’accesso insieme alla difficoltà di individuare punti vendita dove poter acquistare. Ecco allora che si palesa un’alternativa vantaggiosa per l’ambiente: il mercato dell’usato e del vintage

Un italiano su quattro dichiara di comprare oltre la metà dei capi d’abbigliamento in questo modo, grazie anche alla nascita di siti specializzati. Una tendenza che piace, in particolare ai genitori – il 42,6% compra vestiti usati per i propri figli – a cui si aggiunge lo “swapping”, ovvero lo scambio di vestiti con altre persone, che resta però un fenomeno circoscritto: soltanto il 15,8% del campione vi ricorre frequentemente attraverso una cerchia di contatti intimi, come la famiglia o gli amici.

In questa lista di pratiche virtuose che i consumatori italiani mettono in atto a favore dell’ambiente non possono certo mancare la donazione (più del 50% del campione) e la vendita (26% del campione) degli indumenti, sia nuovi che di seconda mano, non più utilizzati.