La citazione da ‘Il diavolo veste Prada’ mi è subito risuonata in testa dopo aver visto sfilare la collezione Uomo firmata Valentino per la Primavera Estate 2024, che è, per l’appunto, permeata da un’infinita varietà di fiori. Vi sembrano banali i fiori in primavera? Eppure, riescono a lasciarti senza fiato. Già, Pierpaolo Piccioli lo ha fatto di nuovo. Ci ha stupito anche con la sua prima sfilata dedicata interamente alla moda maschile.

 

Piccioli, prima di essere nominato ‘Best Fashion Designer’ nel 2022 dal British Fashion Council, muove acerbi passi nel 1989 occupandosi del settore accessori di Fendi, in coppia con un altro astro nascente, Maria Grazia Chiuri.

Per entrambi un tratto in comune: una personalità fuori dal comune, capace di rispettare la tradizione di un brand pur alimentandola di nuova linfa, vitale, che sa nutrire il gusto con i valori dell’oggi.

Un’attualità che per l’Uomo di Piccioli si è palesata in un favoloso show tenutosi lo scorso giugno nel cortile principale della Statale di Milano. Un giorno come gli altri per gli studenti che si sono imbattuti in capi firmati e abbondanza di stile.  In realtà, un segno chiaro, capace di urlare la scelta non casuale di Piccioli di impegnarsi, già da tempo, per rendere la moda più democratica (entro i soliti, inevitabili limiti). Già a Parigi portò le modelle al di fuori del sacro talamo delle passerelle, dopo la sfilata. Le portò in strada a beneficio di tutti coloro che avessero avuto voglia di curiosare. Personalità, si diceva. Idee, principi e forza per renderli gesti concreti, che ispirano altri, a partire, per esempio, da Diesel.

 

Quando Piccioli e Chiuri, nel ’99, si trasferirono da Valentino avreste scommesso che passo dopo passo lo stilista, anche dopo che lei andò a prendersi Dior, avrebbe rivoluzionato il marchio, pur senza alzare troppo la voce?

Che avrebbe avuto il coraggio di affiancare al leggendario, iconico e storico Rosso Valentino un nuovo pantone, il Pink PP, ormai ubiquo (e Barbie non c’entra, ve lo assicuro)?

Magari noi non avremmo giocato alcuna fiche, ma la sua personalità avrebbe fatto ‘all-in’.

 

Perché è innegabile l’animo innovatore di questo stilista, che nella sua prima sfilata maschile ha avuto la forza non solo di proporre il suo approccio ‘democratico’, ma di suggerire anche un’idea di mascolinità capace di sradicare le querce secolari dei benpensanti. I classici blazer dai tagli rigidi sono stati ammorbiditi e accoppiati con pantaloncini e gonne corte; fiori sproporzionati sono comparsi su giacche e camice, oppure si sono intravisti piccoli e ricamati sui baveri. Anche i colori, tratto caratteristico di Piccioli, non hanno avuto limiti: dai neutri ai più brillanti, come il verde menta e il turchese, senza scordare il total-look in Pink PP.

 

Sono donna, ma avrei voluto indossare ogni singolo look apparso in passerella. Ed è proprio questa la magia di cui è capace una personalità come quella di Piccioli: trasformare dei fiori in primavera (cosa c’è di più banale, ammettiamolo) in un manifesto che incarna i desideri più profondi delle nuove generazioni; realizzare una collezione Uomo fluida e genderless capace di attrarre chiunque, perché insieme straordinaria e semplice.

 

L’Uomo di Valentino immaginato da Piccioli si espone senza nascondere nulla, i suoi tratti rocciosi così come i sentieri friabili. Forza e fragilità. È un uomo non più costretto a essere forte, imperturbabile, espressione di potere, ma può concedersi di essere dolce, debole e sensibile.

Per questo la collezione è stata intitolata “The Narratives”, perché ciascuno può raccontare se stesso e la propria storia attraverso i capi che indossa.

 

Se siete fra i fortunati che hanno ricevuto l’invito per la sfilata, vi sarà stata recapitata anche una copia del libro ‘Una vita come tante’ di Hanya Yanagihara, con copertina rosa (ça va sans dire).

Da quel romanzo Piccioli ha tratto il significato più profondo della sua prima collezione maschile.

 

Quattro giovani uomini affrontano le difficoltà della vita componendo una storia spiazzante, magnetica e realistica che, una volta letta, non ti permette di tornare indietro. Il racconto si radica dentro il lettore, dopo averlo percosso con emozioni contrastanti.  Forse per questo lo stilista non ha potuto fare a meno di riportarne alcune citazioni su diversi capi. La più ricorrente: “We are so old we have become young again”.

 

Staremmo ad ascoltare Piccioli per ore, mentre legge le pagine di quel libro. Perché è bello confrontarsi con un ‘rispettoso innovatore’ che promuove collaborazione e inclusività. Che si batte per la libertà vera e concreta di essere se stessi, chiunque voi siate, mettendo a frutto il suo talento, le sue creazioni, la sua personalità.

Perché libertà, ci racconta con i capi di ‘The Narratives’, è non dover reprimere o nascondere alcuna sfumatura di ciò che si è.