Chi temeva che l’ingresso della Cina tra le economie di mercato (Mes) avrebbe dato il via ad un’ulteriore inondazione di prodotti sottocosto in Europa, può stare sereno. La Commissione Europea ha varato una nuova normativa antidumping a difesa dell’industria del Vecchio Continente, che prevede si possano comminare dazi a qualsiasi soggetto, economia o meno di mercato, nel caso di pratiche commerciali illecite. Oltretutto allargando il campo d’applicazione dal dumping china-dumpingvalutario, al dumping ambientale e sociale.
Si aggira così la vexata quaestio aperta alla scadenza dello status di economia non di mercato del gigante asiatico, lo scorso dicembre 2016. Il passaggio si presentava critico, perchè riconoscere alla Cina lo status di economia di mercato avrebbe imposto di valutare il dumping non più col paragone alle altre economie di pari livello, ma unicamente in base al costo effettivo del produttore. Un costo che – temevano i produttori europei – vista la mancanza di trasparenza della Cina sarebbe stato impossibile quantificare.
E così, grazie alla pressione di buona parte dei settori produttivi europei, non ultimo quello della calzatura, la Commissione ha affrontato il tema e varato una nuova norma che aggira la questione tecnica diventando applicabile ad ogni soggetto, economia o meno di mercato. Che cosa prevede? Lo chiediamo a Matteo Scarparo, responsabile Business Services di Assocalzaturifici.matteo-scarparo
“La proposta normativa emendata in base ai parametri ai quali ha contribuito anche Assocalzaturifici è stata approvata lo scorso 4 dicembre ed è diventata operativa il successivo 20 dicembre. Cosa cambia rispetto al passato? Ora la Commissione può aprire un’indagine anche d’ufficio sulla base di dati acquisiti sia in maniera autonoma, oppure in base alla segnalazione di soggetti come imprese, sindacati e altri stakeholders dei settori produttivi europei. La Commissione farà le sue indagini e valuterà non solo aspetti valutari, ma anche fattori come il rispetto della sostenibilità ambientale e il costo del lavoro, il fatto che ci siano o meno sovvenzioni del Governo del paese esportatore… Siamo soddisfatti di questo provvedimento e dal fatto che si svincoli dallo status di economia di mercato”.
Si elimina anche l’onere della prova…
chic“Dopo che la Commissione ha effettuato le sue indagini e presentato un rapporto, è prevista la possibilità di un contraddittorio e sarà l’esportatore a dover provare che non sono state attuate pratiche di commercio sleale”.
La Cina tuttavia non suscita solo timori, ma è anche fonte di opportunità, un mercato che diventa sempre più importante per i prodotti europei ed italiani. Che ruolo riveste per i calzaturieri italiani?
“Il mercato cinese è generalmente stabile per il made in Italy, ma è innegabile che in questo momento stia attraversando una fase difficile per il retail. E’ un mercato che si può affrontare con un prodotto medio-alto e entrando per forza attraverso il canale digitale. Un altro canale imprescindibile di ingresso sul mercato è il tramite di La moda italiana @ Chic, evento realizzato in collaborazione con Ente Moda Italia e Ice Agenzia a Shanghai, che vede la partecipazione di player della moda abbigliamento, calzatura e accessori italiana”.

La Cina abbassa i dazi sulle calzature: la reazione di Annarita Pilotti

Per chi opera sul promettente mercato asiatico cinese (11.ma destinazione per quantitativi del made in Italy calzaturiero nel primo semestre 2017, 6.ma se aggregata ad Hong Kong) ci sono altre buone notizie: il Governo cinese lo scorso dicembre 2017 ha diminuito i dazi all’importazione su 187 prodotti, tra cui la scarpa.
annarita-pilottiLa notizia è arrivata in Occidente tramite l’agenzia cinese Xinhua che fa capo al Ministero delle Finanze del celeste impero, e indica un ribasso dei dazi dal 17% al 7%. Non è la prima volta che il Governo cinese ribassa i dazi, l’aveva fatto anche nel 2015: l’ulteriore apertura è coerente con il passaggio della Cina da “fabbrica del mondo” a “economia di mercato”. Un passo motivato anche e soprattutto dalla necessità di agevolare il consumatore cinese, riducendo i costi dei prodotti d’importazione a cui aspira.
Annarita Pilotti, Presidente di Assocalzaturifici, all’indomani dell’annuncio ha espresso il suo favore verso “Ogni misura che abbassa i dazi d’importazione delle calzatura made in Italy è la benvenuta, perchè aiuta le nostre stesse aziende ad essere maggiormente competitive in un paese importante come la Cina”.
“In realtà – aggiunge – i problemi con la Cina non nascono tanto dai dazi all’import che almeno per le calzature in pelle, che rappresentano circa il 75% dell’export italiano in volume, sono al 10%. Diversa è la questione per le altre tipologie, con tomaio in tessuto e in sintetico, i cui dazi erano più alti, al 15% e 24%. C’è poi la questione delle barriere non tariffarie, ovvero quelle che non sono costituite da tasse da pagare in dogana, ma da normative tecniche obbligatorie che mettono in difficoltà gli esportatori italiani. Per esempio, ci sono standard sulle componenti della calzatura validi solo in Cina che obbligano i produttori italiani ed europei a spendere molte risorse per rendere i prodotti compatibili con le regole di conformità del mercato cinese. Questi sono costi occulti, non identificabili immediatamente come dazi, ma che tuttavia penalizzano gli esportatori del made in Italy”.