Con il direttore di Assocalzaturifici, Tommaso Cancellara, facciamo il punto sull’andamento del settore calzaturiero e sulle prospettive aperte dalle molte iniziative che l’Associazione ha in cantiere.

Passato il primo semestre in qualità di Direttore di Assocalzaturifici, Tommaso Cancellara ha le idee chiare sulla situazione del comparto e quali azioni sia importante sostenere con forza.

Quali sono le considerazioni a caldo che si sente di esprimere sul settore?

«È un settore molto interessante. Il prodotto scarpa è per antonomasia italiano. L’Italia possiede una decina di eccellenze tra cui l’Italian Shoes. Girando il paese per visitare aziende e realtà produttive mi sono reso conto che nei calzaturifici tecnologia e artigianalità si fondono in maniera unica. L’incredibile connubio permette di ottenere un prodotto unico, dalla qualità ineccepibile».

In che stato di salute ha trovato il comparto?

«Le statistiche di Confindustria parlano di un lento e progressivo miglioramento dell’economia in generale. Dai settori a monte giungono segnali incoraggianti: il mercato delle pelli sembra essere in ripresa, perciò ci auguriamo che il trend passi alla produzione e, quindi, raggiunga il consumatore. Anche le nostre cifre sono piuttosto confortanti. Non siamo la locomotiva Germania, non rappresentiamo la ripresa degli Stati Uniti e la piazza italiana è ancora in difficoltà, ma il settore esporta (in alcuni casi fino all’80%) perciò, guardando ai mercati internazionali, ne scopriamo alcuni che portano ottime soddisfazioni».

Come pensa di condurre la battaglia per il “Made in”?

«In questo momento l’Europa vive un paradosso storico: è l’unica regione al mondo che non prevede l’etichettatura obbligatoria. Ci si rende conto che gli USA hanno una legislazione in tal senso fin dal 900 e la Cina, che vorremmo contrastare, applica già l’etichettatura obbligatoria?! La nostra lobby nel Parlamento Europeo è sempre attiva su questo punto, ma stiamo spingendo molto anche sul tema del Reshoring. Riportare le produzioni in Europa significa creare posti di lavoro. Vogliamo vedere chi avrà il coraggio di non appoggiare l’iniziativa. Per favorire il Reshoring bisogna creare le condizioni perché le aziende siano involgiate a rientrare. La fiscalità è sicuramente il punto su cui intervenire e, anche se le politiche fiscali vengono decise dai singoli paesi, è Bruxelles a dettare la linea… perciò è lì che stiamo cercando di agire».

Quali saranno i contenuti dell’International Footwear Forum di settembre a Milano?

«Abbiamo un grande bisogno d’Europa e per far sì che la produzione calzaturiera continentale sia forte e abbia peso nel mondo c’è bisogno che le varie associazioni di categoria si incontrino per confrontarsi sui servizi che vengono offerti ai propri associati. Non si parlerà del mondo della calzatura a 360 gradi, per quello c’è il World Footwear Congress».

Come si svilupperà la collaborazione fra theMICAM e MIPEL?

«Mi piace molto la parola collaborazione. Ci sarà sinergia fra MIPEL, realtà storica ed importantissima che rappresenta un’altra eccellenza italiana, e theMICAM. La fiera di pelletteria si trovava in una posizione logistica sfavorevole (i padiglioni superiori di FieraMilano), così abbiamo pensato di offrire loro il padiglione 10 per ottenere una miglior accessibilità e quindi visibilità. Così usufrieremo entrambi del traino che ciascun salone può offrire. theMICAM non si riduce, ma ottimizza gli spazi a sua disposizione negli altri padiglioni, riportando su Viale Italia alcune attività promozionali. È un modo per rendere la fruizione dei visitatori più snella, veloce ed efficace. Più coerente per i buyer attuali che non acquistano solo calzature, ma cercano anche altri accessori moda. Insieme siamo convinti di poter crescere ancora meglio. L’idea rientra in una filosofia di business in cui credo molto e che sto portando avanti nel mio lavoro: il risultato della squadra è sempre superiore ai singoli risultati individuali. Mettersi assieme è comunque e sempre una strategia vincente». In ottica sinergica Assocalzaturifici ha proposto a tutto il settore moda di incontrarsi per sviluppare una strategia di date che possa favorire il sistema Italia».

Quali riscontri avete ottenuto?

«Ci sono state diverse reazioni, molto forti e molto positive. FIAMP si è detta favorevole. La politica sia nazionale che locale ha già indetto riunioni perché se ne discuta. Speriamo sia veloce e agile l’attraversamento del mare che si trova fra il dire e il fare. Altre città della moda hanno superato Milano in questi anni, ma Milano ha qualcosa che gli altri non hanno: le fiere. theMicam, Mipel, Mifur, Mido, Lineapelle… possono risultare l’arma vincente per risalire la china. Saremmo felici di decidere di concerto con Camera Nazionale della Moda le date in cui posizionarci (prima o dopo le sfilate) a patto che siano date definite e durature per almeno 3 anni».

theMICAM all’estero. Bilanci?

«Proponiamo circa 28 iniziative fieristiche l’anno. Quelle che hanno meno successo sono penalizzate dalle congiunture economiche. L’Obuv (Russia) in questo momento vive delle difficoltà (non grandissime) dovute alla ben nota situazione politica. Però il rublo si è un po’ stabilizzato e forse le sanzioni verranno attenuate (come abbiamo chiesto con forza anche noi), perciò è possibile che il consumatore russo riprenda a spendere. Per quanto riguarda l’iniziativa di Shanghai, rafforzeremo sempre di più, in ottica di sinergie italiane, il rapporto con EMI e SMI. Per la prima volta il sistema fashion italiano sta lavorando compatto su un mercato allo stesso tempo promettente e complesso e vogliamo continuare su questa strada. Dopo essere entrati nella più ampia piattaforma di “Chic”, la più grande manifestazione moda della Cina, a partire dal prossimo appuntamento in programma dal 13 al 15 ottobre abbiamo previsto un cambio di strategia e promuoveremo la presenza di collettive di aziende calzaturiere italiane all’interno della manifestazione. Il mercato cinese della calzatura risulta ancora un po’ tiepido per i nostri associati perché è un mercato ancora molto legato ai grandi brand, mentre la distribuzione multi-marchio deve ancora partire. Però è giusto investire sulla Cina perché “una goccia dopo l’altra apre la roccia” (è un detto cinese) e quando il mercato partirà chi ci sarà stato fin dall’inizio risulterà avvantaggiato. Tokyo e Monaco stanno andando molto bene, sono fiere in cui si scrivono ordini. La nota dolente sono gli Stati Uniti, poiché non è facile capire come entrare nel mercato più difficile del mondo, iper-strutturato, i cui canali distributivi sono saturi. Del resto non è un mercato che si può non considerare, soprattutto ora che il dollaro è quasi al pareggio con l’euro. Per entrare, però, bisogna proporre qualcosa di eccellente e perfetto. Stiamo studiando come fare, ma non siamo ancora pronti. Penso lo saremo entro il 2016».