Sara Bernabè, General Manager Italy Planet, tra i relatori del 26° ‘Fashion Summit Pambianco – La fashion industry e i nuovi paradigmi’ – ha offerto un’istantanea dei consumi post pandemia in Europa, e in Italia in particolare, mettendo in luce le caratteristiche del nuovo consumatore e le sue differenze rispetto al periodo pre-Covid, e tracciando alcune proiezioni sui trend di consumo, in particolare da parte del consumatore cinese.

L’analisi ha preso avvio dall’andamento dei voli internazionali verso l’Europa, che  sono ripartiti nel secondo semestre 2021 fino a raggiungere un +36% nell’ottobre 2021 su ottobre 2019. Questo recupero ha inciso profondamente sul tax free, che ha mostrato una crescita del 45% sul 2019. I dati mostrano anche che nel 2019, più di 1 consumatore su tre era cinese, mentre nel 2021 il 30% dei consumatori è americano, seguito da russi e arabi.

Altro dato interessante è lo scontrino medio, che in Italia nel 2021 è aumentato del 3% rispetto al 2019 per tutte le nazionalità, e questo a causa del fatto che mancano i gruppi organizzati che rappresentavano i tipici fruitori dell’outlet e del tax free, mentre anche l’età dello shopper è aumentata (mancando i consumatori orientali, perlopiù giovani con alto potere d’acquisto).

La segmentazione dello shopper internazionale messa a punto da Italy Planet mostra una fotografia dell’Italia nel 2019 divisa per tre categorie: gli Elite Spenders, con una spesa media per shopper di 15mila euro (1% di spenders con il 26% spesa), i Power Spenders (10% di spenders con 52% di spesa) con una spesa media per spender di 3mila euro , e i Core Spenders (81% di spenders con 24% spesa), con una spesa media di 500 euro per spender nel 2019. I dati mostrano che, nel 2020, gli elite shopper hanno pesato maggiormente rispetto alle altre due categorie, arrivando a toccare una punta del 58% di spesa a febbraio 2021, e questo perché erano gli unici che viaggiavano durante le restrizioni. Verso marzo 2021, però, si assiste ad un’inversione di tendenza, con gli Elite Spenders che scendono al 48%, i Power Spenders che salgono dal 37% di febbraio 2021 al 43% di marzo, e i Core Spenders che passano dal 5% di febbraio al 9% di marzo, segno che  si va verso una normalizzazione della situazione man mano che le persone riprendono a viaggiare all’estero.

Il nuovo shopper

La pandemia ha anche introdotto cambiamenti destinati a durare nel tempo come l’igienizzazione, lo smart working, il click and collect, le misure di protezione personale ecc.: abitudini che sono espressione di emozioni umane profonde e sentimenti come il senso dell’incertezza e l’ansia verso il futuro.

I dati Italy Planet mettono in rapporto la propensione al consumo durante la crisi finanziaria globale del 2008 rispetto alla crisi post Covid del 2020 e mostrano come il consumo di beni e servizi si sia ridotto molto di più durante quest’ultimo periodo, che durate la crisi del 2008, evidenziando quanto la pandemia abbia inciso profondamente sui sentimenti e le abitudini di acquisto delle persone. Tuttavia, i dati mostrano che, nel corso del 2021, la propensione al risparmio ha imboccato un progressivo andamento discendente, mentre è aumentata la propensione al consumo man mano che è risalita la fiducia verso il futuro.

Altra tendenza importante è il boom dell’e-commerce: considerando il solo secondo trimestre 2020, il tasso di crescita dell’e-commerce negli USA è pari a quello degli ultimi 10 anni, un trend che è proseguito a doppia cifra durante tutto il 2020, spingendo verso l’alto anche la crescita dei servizi legati all’e-commerce come il buy-now-pay-later, che si stima permetta ai brand di ridurre l’abbandono del carrello virtuale di circa il 10%. Interessante anche la penetrazione di questo servizio nelle classi più mature, passata dal 1% al 18% per i Baby Boomers.

La pandemia ha anche modificato profondamente il comportamento del consumatore, sempre più esigente e digitalizzato e attento non solo al prodotto, ma ai servizi che il brand può offrire, che diventano un fattore di differenziazione e di competitività. In questo processo, la tecnologia è l’acceleratore di tutti gli aspetti dei dipartimenti aziendali, e la customer journey la risposta del brand al nuovo consumatore. Questo, però, non vuol dire che si può trascurare il retail fisico a favore dell’esperienza digitale, anzi: le app di messaggistica, il gaming, l’e-commerce, i social media, lo streaming ecc. danno nuova linfa alla crescita dello store fisico. Oltre il 69% delle vendite nascono, infatti, proprio navigando sul proprio cellulare o tablet, un dato che arriva fino all’80% in Cina, e questo a prescindere dal fatto che poi si concretizzi l’acquisto online o in store. Il consumatore del new normal passa, infatti, con fluidità da un canale all’altro, in modo del tutto naturale. Il cliente post pandemia, inoltre, si aspetta offerte sempre più personalizzate.

Ma se da una parte l’omnicanalità permette al cliente di entrare in contatto col brand attraverso più canali (social media, app di messaggistica, podcast, video giochi, store fisico ecc.), dall’altra c’è il limite che tutti questi canali, al momento, non dialogano ancora perfettamente tra loro. Per questo motivo è fondamentale per il brand tenere sempre la cabina di regia del proprio business attraverso la sincronizzazione di questi canali e facendoli dialogare con lo stock, il magazzino, la distribuzione alla vendita: si parla, infatti, di unified commerce. Il brand non deve cambiare il front-end, ma deve creare una piattaforma digitale che funga da ‘imbuto’, così da convogliare tutti questi canali nel back-end e offrire l’insieme dei dati necessari ad entrare in contatto al meglio con il cliente. Così, ad esempio, se un cliente entra in uno store e il brand dispone di una piattaforma digitale di gestione integrata dei dati, è possibile capire se è iscritto ai social media del marchio, se ha assistito ad uno streaming, se utilizza un gaming collegato al brand, oppure se ha un prodotto nella wish-list dell’e-commerce del marchio ecc..

Lo shopper cinese

Il mercato e-commerce cinese è il maggiore al mondo, con una crescita pari al 6% e ci si aspetta raggiungerà i 2mila miliardi di dollari nel 2025. Nonostante, infatti, esistano alcuni fattori che stanno rallentando il consumo di lusso da parte del consumatore cinese (come, ad esempio, la politica della common prosperity, le restrizioni ai viaggi extracontinentali ecc.), la classe media è destinata a crescere in modo esponenziale da qui al 2030 (+68%) e l’attrattività dello shopping europeo resterà comunque alta una volta che sarà tornata alla normalità la mobilità aerea internazionale. Inoltre, va considerato l’apprezzamento della valuta cinese (lo yuan cinese è ai massimi degli ultimi 5 anni), che garantisce ai turisti del dragone un potere d’acquisto maggiore al periodo pre-pandemia.  Questo permetterà ai consumatori cinesi di dominare il settore dell’acquisto dei beni di lusso, contribuendo a coprire quasi la metà (47%) delle vendite globali di personal luxury goods entro il 2025.

Secondo IATA, infine, il trend di crescita dei voli internazionali sarà lento ma costante, e si tornerà al livello pre covid con il 2023, con una ripresa inziale dei voli intra-europei, e in seguito con una crescita di quelli a lungo raggio, che andrà di pari passo con la crescita del tax free nel retail. Ci si aspetta, infatti, un aumento del 23% sul 2019 del tax free in Europa nel 2021 e del 56% nel 2022, soprattutto ad opera di turisti americani, del Middle East e cinesi, che si stima riprenderanno a viaggiare dal secondo semestre 2022. L’Italia crescerà più lentamente rispetto alla media europea, (dove la ripresa appare trainata dalla Francia), con una crescita del tax free del 46% nel 2022, anche in questo caso alimentato soprattutto da shopper americani e del Middle East, e in misura minore cinesi.