Sicuramente lo scorso mese della moda è stato ricco di accessori audaci, dalle lussuose custodie per AirPods alle borse con frange in pelliccia. Forse le più scioccanti, e in retrospettiva foriere di scenari inquietanti, sono state le maschere di strass, lattice e stoffa che hanno protetto/oscurato i visi di modelli e modelle, creando alcuni dei look più memorabili. La mascherina logata, in particolare, stava già vivendo un boom di popolarità nel mondo occidentale prima della diffusione del coronavirus. In Asia sono da lungo tempo parte del guardaroba quotidiano – non solo come scudo contro l'inquinamento in Paesi come Cina e Giappone, ma soprattutto per cortesia igienica verso il prossimo.
Tuttavia le maschere per il viso non sono una novità nelle collezioni di Marine Serre (moderna Cassandra?), molto nota tra i fashionisti asiatici. In questa stagione, la designer francese ha osato ancora di più con maschere scintillanti che accessoriavano abiti fantasia. Lo stile del brand in ascesa può sicuramente annoverarsi tra i recenti tentativi della moda di rispondere al bisogno di utilitarismo pragmatico. Non a caso “di cosa avrò bisogno domani?” è una delle domande cardine che la giovane stilista francese si pone prima di iniziare a creare. Quello di Marine Serre è un peculiare incontro tra la raffinatezza in pieno stile francese e l'abbigliamento athleisure, mixati in una cornice streetwear eco-futuristica.
La designer ne ha fatta di strada da quando, neolaureata a La Cambre di Bruxelles, nel 2017 ha fondato il marchio che porta il suo nome e ha vinto l’edizione del LVMH Prize. Ora ha un atelier prestigioso e quattro linee per distinguere al meglio le diverse tipologie di prodotto, ma non si è lasciata addomesticare dalle chimere commerciali, infatti prosegue imperterrita nella sua personale interpretazione di moda responsabile, basata il più possibile sul riutilizzo di un’ampia gamma di materiali. Oltre alla lycra e alla seta, la designer non ha paura di giocare con velluto, denim, plastica e pelle: anche i materiali più preziosi sono utilizzati in silhouette giovani e fresche. Tra le ispirazioni più evidenti, Alexander McQueen, Maison Margiela, Dior e Balenciaga, dove ha lavorato prima di lanciarsi nel suo progetto, ma Serre ha idee cristalline e la sua missione sembra essere quella di abbattere inesorabilmente le barriere tra ready-to-wear, haute couture, sartoria e sportswear.
Anche le stampe audaci e le sagome voluminose di Richard Quinn sono state tra le più chiacchierate alla settimana della moda di Londra. Abbinate alle figure androgine e mascherate in passerella, hanno abbagliato il pubblico con un sovraccarico sensoriale dato dagli outfit floreali coloratissimi alla maniera del New Look di Dior e dall'effetto sorpresa delle maschere fetish coordinate o tempestate di perle e cristalli. Il racconto visivo dello stilista, che ha debuttato così anche con proposte menswear, narra un'estetica fatta di suggestioni couture pervase da uno spirito trasgressivo. "Ho riflettuto su come la moda donna e quella uomo possano interagire tra loro – ha spiegato il designer nel backstage della sfilata – Sono partito dalla quintessenza del British style e poi ho lavorato sui contrasti tra gli accenti dark, la sensualità del latex, le grandi stampe floreali, l’armonia dei pezzi più sofisticati".
Diplomatosi alla Central Saint Martins di Londra, Richard Quinn ha esordito nel 2016 riscuotendo apprezzamento immediato da parte di pubblico e critica. I total look "botanici", le silhouette teatrali e l’utilizzo di materiali audaci come PVC e latex lo hanno fatto subito notare per l'approccio innovativo che unisce indiscusse abilità sartoriali a una notevole sensibilità couture. Tra le figure di spicco che hanno occupato la prima fila delle sue sfilate, Richard Quinn può vantare persino la regina d'Inghilterra che nel 2018 gli ha conferito il primo premio Queen Elizabeth II Award for British Design come migliore stilista emergente del Regno Unito.