La filiera della moda vale 140 milioni di euro. Lo afferma Flavio Sciuccati, senior partner di The European House Ambrosetti durante il Milano Global Fashion Forum 2020, fissando tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023 il recupero dal cigno nero del Covid, con una previsione di crescita che va dal +50 al +75%. “Mentre ci sono aziende che hanno già intrapreso il recupero – dichiara – quelle più piccole, fino a 50 addetti, che rappresentano il 71% della filiera, faranno più fatica a riprendersi. Tuttavia, la filiera italiana è un punto di riferimento mondiale per il settore moda e questo dovrebbe essere un tema di coscienza nazionale”. L’esperto intravede delle opportunità di crescita sia nella tendenza al reshoring, sia nel digitale, ma ammonisce: “Occorre riappropriarsi del ruolo di locomotiva del settore perso con l’arrivo dei francesi e con l’avvento dei grandi player del retail. E poi non bisogna concentrarsi solo sul lusso al vertice della piramide, ma intercettare una base più larga, per aumentare le opportunità”.
È chiaro che anche i capi filiera giocano un ruolo decisivo per preservare questo patrimonio costituito da aziende artigiane fondamentali per la creatività e qualità delle produzioni. Lo testimoniano quattro grandi marchi del made in Italy: Dolce&Gabbana, Brunello Cucinelli, Loro Piana e Bulgari.
“L'Italia è fondata sull'artigianato che ha valore immenso – dichiarano Domenico Dolce e Stefano Gabbana – un tessuto diffuso su tutto il territorio nazionale, sul quale fin dagli anni Ottanta abbiamo costruito un network di aziende di filiera, e un valore nel promuovere la creatività. Stiamo creando a Milano un laboratorio di artigiani che ci permetterà di non perdere questa manualità e cultura”.
Dignità del lavoro e rispetto delle competenze sono alla base anche della filosofia di Brunello Cucinelli: “Abbiamo 2000 dipendenti che lavorano nella nostra azienda e 5000 nella filiera, tra Toscana e Veneto: a tutti conferiamo la stessa dignità del lavoro, morale ed economica. Crediamo che la fase attuale contrassegnata dalla pandemia sia congiunturale e non strutturale, per tanto abbiamo mantenuto la piena occupazione, non abbiamo chiesto sconti alle aziende che lavorano con noi e abbiamo destinato un surplus alla beneficenza. E confermiamo i nostri programmi di aperture. Pensiamo che si riparta verso un secolo d’oro dove ci sarà spazio per un nuovo umanesimo”. La bellezza, la qualità e la sostenibilità sono valori fondanti del DNA di Loro Piana, che impongono una responsabilità anche nei confronti della filiera e della natura: “Dobbiamo proteggere e stringere una stretta relazione con gli allevatori nostri fornitori – spiega l’Ad Fabio D’Angelantonio – e poi con gli artigiani filatori che custodiscono lo straordinario know how alla base del nostro prodotto”.
Altro tema fondamentale per preservare la filiera è la formazione: Bulgari, che sta per raddoppiare gli stabilimenti di Valenza, già la più grande manifattura orafa d’Europa, creando ulteriori 500 posti di lavoro, lo affronta in questa maniera: “Ricopriamo la mancanza di formazione degli istituti tecnici italiani con un’accademia interna – spiega il CEO Jean-Christophe Babin – preparando professionisti orafi in grado di lavorare da subito”.
Infine, un ultimo esempio per la preservazione della filiera è costituito dalla Holding Florence di Vam Investment: “Il Paese è ricco di imprese artigiane del lusso con una forte componente creativa e realizzativa – spiega il CEO Francesco Trapani. I loro punti di forza sono la qualità, la flessibilità, i prodotti eccellenti. Per contro, hanno una struttura piccola, debolezza finanziaria e organizzativa. Per conservare al meglio le loro competenze e servire meglio i nostri clienti stiamo negoziando nuove acquisizioni così da creare una grande piattaforma di competenze creative e capacità realizzativa”.