Phoebe English

La sostenibilità è da sempre il mantra di Phoebe English. Capi uomo e donna realizzati con cotone biologico, gomma naturale biodegradabile, bottoni realizzati con le proteine del latte o noci corozo e nylon prodotto con plastiche rinvenute negli oceani. Ma non era sufficiente. Presasi del tempo lontana dai riflettori delle sfilate e dedicato alle tecniche di produzione green, Phoebe English è tornata negli ultimi anni con un rinnovato proposito ecologico perché – dichiara – “noi siamo il problema e noi siamo la soluzione, o ci evolviamo ora o moriamo dopo”.
Per la collezione fw20-21, il passo è stato piuttosto estremo, decidendo di realizzarla a scarto zero e un uso minimo di filo per cuciture solamente con materie e accessori già presenti a Londra, base della stilista, eliminando così il più possibile la carbon footprint derivata dalla produzione e dal trasporto dei materiali. Non solo: la English ha chiamato all'appello designer di Londra per contribuire con i tessuti avanzati che avevano già nei loro atelier in modo che non venissero utilizzate risorse vergini. Dieci di loro si sono fatti avanti per contribuire alla realizzazione della sua collezione, nomi come Katharine Hamnett, Thornton Bregazzi e Martine Rose tra gli altri. Un esperimento di successo, che racconta anche l'utopia di una grande comunità della moda da cui poter attingere per quanto riguarda risorse e aiuto.

Juliana Garcia Bello

Anche la designer argentina Juliana Garcia Bello di Garciabello crea da sempre le sue collezioni donna col tocco genderfluid partendo da zero waste, upcycling e decostruzione/ricostruzione degli indumenti, tutti realizzati a mano dalla designer in un numero limitato. Ora di base a Arnhem (Olanda), la designer si ispira al concetto di 'casa' intesa sia come terra che come rifugio e alle emozioni rievocate dai suoi ricordi d’infanzia nella Terra del Fuoco. Collabora da tempo con varie cooperative tessili e piccoli produttori da cui acquista cotone organico e avanzi di materie prime.
L'ultima collezione, con cui ha perlatro vinto il REDRESS Award 2020 nella categoria "womenswear", si chiama "Herencia" ("eredità") ed è stata creata utilizzando tessili di scarto donati dai suoi vicini di casa, che l'hanno contattata grazie ai volantini che ha attaccato a tutti portoni del vicinato, incluso il suo. Successivamente la designer ha selezionato t-shirt, tovaglie, camicie e pezze di denim usati, scelti anche in base alla loro biodegradabilità, per poi tagliarli a pezzi e creare quindici nuovi look in perfetto equilibrio di economia circolare. Questa bellissima iniziativa le ha permesso anche di imparare a conoscere culture diverse e farsi nuovi amici. "Mi piace sempre sapere a chi appartenevano i capi con cui lavoro, mi raccontano la loro storia”, afferma Juliana Garcia Bello.  Il suo scopo è quello di sottolineare ed esprimere l'importanza della relazione che abbiamo con i vestiti che indossiamo, a cui dovemmo tutti attribuire un valore emotivo per capire che riutilizzarli è fondamentale per il futuro del pianeta. Il suo sogno è di poter insegnare alle nuove generazioni a pensare e creare in maniera sostenibile, ricordandosi sempre delle proprie origini.

Phoebe English
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Garciabello
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