Meglio del primo semestre, ma ancora con troppe aziende in sofferenza: è quanto evidenziato dai dati elaborati dal Centro Studi di Confindustra Moda per Assocalzaturifici per il terzo trimestre: i fatturati calano a doppia cifra (-26,6%) e solo il 14% degli intervistati ha dichiarato di aver superato o almeno eguagliato il fatturato del terzo trimestre 2019, mentre la metà del panel ha denunciato un calo compreso tra il -20 ed il -50%. Il calo da inizio anno resta considerevole, in tutte le sue variabili, come conferma Siro Badon, Presidente di Assocalzaturifici: “Registriamo contrazioni attorno al 20% in volume per consumi interni (-17,8%) e vendite estero (-20,1%), forti arretramenti nella produzione industriale (-29,4%) e una riduzione media di un terzo (-33,1%) nel fatturato delle aziende associate. Flessioni generalizzate, quasi sempre a doppia cifra, sui principali mercati di sbocco, con l’attivo del saldo commerciale che si è ridotto del -18,1%. I primi timidi segnali di rientro alla “normalità” nella domanda, sia internazionale che interna (a settembre export e acquisti delle famiglie italiane avevano eguagliato i volumi dell’analogo mese 2019), rischiano di essere subito annullati dalla seconda ondata pandemica, con gravi ripercussioni sulle capacità di tenuta del settore. Forte è la preoccupazione per i mesi a venire”.

Al dettaglio, il mercato interno nei primi 9 mesi del 2020 mostra contrazioni degli acquisti delle famiglie italiane del -17,8% in quantità e del -23% in termini di spesa, con prezzi medi in calo del -6,3%, anche per il maggior utilizzo, nei mesi di quarantena, di pantofoleria e calzature ad uso domestico di minor valore medio unitario (segmento meno colpito, -7,4%, rispetto a scarpe classiche uomo e donna, -30%, sportive e da bambino, -15-20%). Il boom delle vendite online non ha dunque compensato le mancate entrate sul mercato dovute anche al crollo di flussi turistici dall'estero, soprattutto per le fasce del lusso.

Le esportazioni, da sempre traino del settore, hanno subito una contrazione del -20,1% in quantità (corrispondenti a meno 32 milioni di paia rispetto all'analogo periodo del 2019) e del 17,2% in valore nei primi 9 mesi 2020. I dati Istat evidenziano come dopo il dimezzamento del bimestre marzo-aprile di lockdown (-52% in volume), il trend sfavorevole di maggio-giugno (-26,5%), pur in assenza dell'auspicato rimbalzo, la riduzione si sia affievolita nel trimestre luglio settembre (-6,5% in volume e -1,5% in valore) grazie soprattutto al mese di settembre, in cui il numero di paia esportate ha eguagliato quello dello stesso mese 2019.

Quanto alle destinazioni, l'Europa mostra flessioni del -16,5% in volume: in Francia, meta che comprende anche il terzismo delle griffe, -20%; Germania -14%, Olanda -12%, Belgio -13,4%. Extra-Ue, che cala del 26% in quantità, male il Nord America con Usa al -35% in volume; il Far East al -23,3% con arretramenti importanti in tutti i principali mercati tranne che in Corea del Sud (+16% in valore, ma -6,8% nelle paia) che si posiziona ora settima nella graduatoria delle principali destinazioni del made in Italy. Male anche la CSI, con la Russia che perde il -25% in volume, e il Medio Oriente al -20,5%. Tiene invece la Svizzera, hub logistico distributivo delle multinazionali del lusso, grazie al recupero del terzo trimestre, mentre l'UK scende del -29% in quantità.

Queste dinamiche mettono a dura prova la tenuta del settore che nel 2020 ha visto ridursi il numero delle imprese attive, meno 101 nei primi 9 mesi del 2020, e degli addetti, meno 2.600 unità. Ed è massiccio il ricorso alla cassa integrazione con 10,6 milioni di ore, +1267% su ottobre 2019.

E sul futuro del settore si profila la minaccia della seconda ondata pandemica.

Siro Badon