E’ il dato più sorprendente emerso evidenziato dallo studio “2018 World Footwear Yearbook” promosso da Portoguese Shoes: l’inesorabile avanzata della calzatura in tessuto, trainata dal successo planetario delle knit sneaker. Un exploit che anche nel 2017 continua la sua avanzata, con esportazioni al +14,9%, prezzo medio d’esportazione al +9,1% e nuove quote rosicchiate soprattutto alla calzatura in tomaio pelle, che nonostante il piccolo recupero del 2,9% nelle esportazioni nel 2017, nel biennio precedente era scesa del 16,7%. Quindi attenzione a liquidare il fenomeno come una moda del momento: la calzatura in tessuto è una realtà sempre più rilevante. wfy
Il World Footwear Yearbook evidenzia nel 2017 un rallentamento della corsa della calzatura mondiale, dal punto di vista della produzione (23,5 miliardi di paia, +2% rispetto al 2016) e uno spostamento dell’export, calato ogni dove tranne che in Europa, che però con una quota del 13,8% mondiale, vede ancora da lontano l’irraggiungibile 83,3% dell’Asia.
L’analisi dei principali player della produzione vede ancora la Cina in testa, tallonata da India con un ragguardevole +10% rispetto all’anno precedente, seguita da Vietnam e Indonesia. Segnalate anche le performance della Turchia, che ha più che raddoppiato la produzione negli ultimi anni (ma chissà se sarà in grado di mantenere la posizione nel 2018 con la svalutazione della lira?), e dell’Italia che ha scalzato al 10° posto la Tailandia. Il Brasile è invece sceso alla quinta posizione, trainato dalla debolezza dell’economia domestica. Assieme, i primi dieci paesi produttori rappresentano tra l’88-89% della produzione globale.
Spostamento di asse anche per i consumi che continuano a dirottare dalle economie mature (Nord America ed Europa) a quelle più giovani, un trend più consono alla distribuzione demografica mondiale, in atto già da diversi anni che verosimilmente si confermerà anche nel futuro. I primi dieci paesi consumatori rappresentano il 60% dei consumi mondiali: in cima alla classifica dopo la Cina si posiziona l’India, scalzando gli Usa dal secondo posto.
Quanto alle esportazioni, dopo cinque anni di declino la Cina ha visto il proprio share crescere al 67,5% nel 2017. Non altrettanto fanno gli altri produttori asiatici: Hong Kong ha continuato la sua caduta ed è uscito dai primi dieci esportatori; Vietnam, Indonesia e India hanno perso share. Al contrario, molti paesi europei l’hanno guadagnato, nonostante tra questi solo l’Italia sia un importante produttore, a riconferma dell’adozione in Europa del modello di business improntato alla riesportazione. A livello continentale, le esportazioni si riconfermano soprattutto intra-continentali in Europa e in Nord America, mentre fortemente extra continentali quelle asiatiche.
Per finire, nonostante 8 dei principali importatori siano europei, gli Usa restano i leader della classifica dei top 10. Tra gli asiatici vi entra solo il Giappone, tuttavia, a livello di continenti si continua a registrare una crescente importanza di Asia e Africa: un trend che proseguirà anche in futuro.