Piattaforma B2B che mette in contatto i brand con le piccole botteghe artigiane italiane della calzatura, pelletteria e abbigliamento, Italian Artisan inverte il paradigma alla base del sistema moda, spostando il focus sulla produzione. Start up fondata nel 2015, oggi, grazie ad una crescita costante, è una realtà sempre più strutturata che aspira a diventare leader del mercato. Ne parliamo con David Clementoni, fondatore di Italian Artisan e oggi presidente della piattaforma.
Dal mondo del giocattolo della sua famiglia a quello della moda: come è nata questa passione?
“Fino da giovanissimo sono stato un appassionato del mondo della moda e soprattutto della scarpa: un po' perché sono marchigiano e nel nostro territorio si respira questa atmosfera, un po' perché adoravo collezionare sneakers. Ho sempre avuto l’idea che un giorno avrei fatto di questa passione un lavoro. Poi il richiamo imprenditoriale di creare un progetto tecnologico per mettere in risalto le tante realtà artigianali che (come nel mio distretto) hanno molto da esprimere ma che spesso non riescono ad emergere per le ridotte dimensioni. Così è nata l'idea di Italian Artisan”.
Oggi Italian Artisan è una piattaforma che accoglie aziende produttrici di piccola e media dimensione, di tutti i principali distretti produttivi italiani: com'è cresciuta?
“All’inizio a abbiamo scelto di attuare un percorso di concierge service per comprendere come soddisfare al meglio le esigenze dei nostri utenti. Abbiamo imparato a mediare il dialogo tra la mentalità creativa dei brand a quella tecnica dei produttori grazie ad una piattaforma per sviluppare le collezioni made in Italy in maniera semplificata, online, anche senza mai far incontrare le parti. Prima questo rapporto professionale era spesso intermediato e per le imprese contoterziste italiane era difficile emergere in un contesto globale. Nasciamo come mediatori di questo processo, con la piattaforma Italian Artisan diamo trasparenza al processo, aiutiamo ad aumentare la fiducia tra produttori e brand, da un lato garantendo la qualità delle produzioni artigianali dei nostri membri, dall'altra aiutando i produttori ad internazionalizzarsi.
Abbiamo quindi compreso che il nostro modello funzionava e che poteva scalare e nel 2020 abbiamo strutturato il CDA, è arrivata Olga Iarussi come amministratrice delegata e co-founder ed abbiamo aperto le porte dell’azienda ad investitori esterni per accelerare la crescita e puntare a diventare leader di mercato”.
Quante aziende comprende il network di Italian Artisan e come vi si accede?
“Siamo cresciuti ed oggi il nostro network conta più di 600 produttori profilati da tutti i distretti produttivi italiani: i primi 200 siamo andati a cercarli a porta a porta, a conoscerli personalmente; grazie alla forza della nostra missione e i dati di crescita gli altri si sono presentati da soli alla nostra porta. Ci conoscono per essere etici ed autentici, sanno quello che facciamo, che portiamo risultati e crescita. Per accedere alla piattaforma passano attraverso un controllo e validazione di qualità che offre garanzie ai brand clienti e che permette ai produttori di mettere in risalto le loro caratteristiche specifiche, ad esempio in materia di capabilities, sostenibilità e certificazioni”
E dalla parte dei brand?
“I brand clienti provengono da 32 paesi diversi, soprattutto dal Nord America, dall'Australia, dall'Uk, dai Paesi del Nord Europa e dagli Emirati Arabi. Ci presentano le loro query e da queste noi facciamo la nostra proposta sottoponendo diversi produttori a quali possono fare una richiesta per la quotazione e quindi li mettiamo in contatto. Sulla nostra piattaforma offriamo anche servizi diretti che riguardano supporto di servizio per il design, lo sviluppo, il supporto alla produzione e il controllo qualità in loco”.
Come avete lavorato durante la pandemia?
“Italian Artisan ha aiutato molte aziende a continuare a lavorare nel periodo di pandemia. C'è il caso di Fabiola, piccola impresa artigianale che proprio durante il periodo pandemico ha aumentato il suo fatturato di 200 mila euro aprendo 4 nuovi mercati esteri. Italian Artisan non solo ha avuto un ruolo di motore economico durante la pandemia, ma anche e soprattutto di motore motivazionale”.
Il reshoring come sta aiutando la vostra operatività?
“Viste le problematiche relative alla logistica e al controllo di qualità, in molti stanno attuando un reshoring e questo non può che essere positivo per il made in Italy. Noi abbiamo avuto il caso di un e-commerce che aveva lavorato con noi per otto mesi che poi, soddisfatto dell'esperienza, ha aumentato le sue collaborazioni. Una case history di successo che ha dato vita ad un network di aziende che prima erano concorrenti. D’altronde siamo nati per questo e in un'epoca in cui l'aggregazione è una delle principali risorse per restare in vita e operare con successo, noi di Italian Artisan supportiamo l’aggregazione orizzontale sistemica, invece che verticale, rafforzando il tessuto manifatturiero”.
Qual è il vostro rapporto con le istituzioni di settore?
“Stiamo lavorando con le associazioni e le fiere: all'ultima edizione di MICAM Milano abbiamo dato un segnale importante rappresentando i nostri produttori in uno stand condiviso che ha avuto risonanza e che ci ha permesso di rappresentare il nostro portale B2B Digitale in forma phygital. Pensiamo in futuro di proporre il format in altre circostanze, ma sempre seguendo la logica dei piccoli passi che da sempre ci ha contraddistinto”
E sul fronte della sostenibilità?
“Anche il nostro impatto sociale è importante: abbiamo deciso di proporre un modello di business inclusivo e sostenibile, che abbatte i costi (e gli sprechi) di circa il 60%. Il nostro modello operativo aiuta a colmare il gap tecnologico grazie ad un approccio graduale di trasferimento tecnologico alle PMI della community. E aderiamo ai Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite relativi a: condizioni di lavoro dignitose e crescita economica (8), industria, innovazione e infrastrutture (9), città e comunità sostenibili (11), produzione e consumo responsabili (12)”.