Ha fatto scalpore alla Fashion Week milanese di settembre l'inedita collaborazione delle Maison Fendi e Versace, con un secret show intitolato "The Swap". È stato chiamato Fendace: Versace by Fendi – Fendi by Versace. Uno switch creativo nel quale, per la prima volta, Donatella Versace e Silvia Venturini Fendi escono dai rispettivi uffici creativi di famiglia per ispirarsi a vicenda. Un vero e proprio scambio di ruoli tra due direttori artistici che guidano brand italiani iconici. Due realtà che si fondono – temporaneamente? – condividendo gli archivi, per un crossover che mette in risalto i dna stilistici e culturali di entrambi, con un scambio che coinvolge anche la produzione: Fendi, infatti, produce la collezione di Versace, mentre Versace realizza quella di Fendi.
Nello specifico, Versace by Fendi si è ispirata agli anni Novanta, l'epoca d'oro per il marchio fondato da Gianni Versace, che viene rivisitata con il lessico contemporaneo della famiglia Fendi. La Medusa di Versace incontra La Greca con il monogramma FF di Fendi. Dall'altra parte, Fendi by Versace viene costruita con la visione punk rock di Donatella, con spille da balia e abiti in mesh di metallo che si uniscono al pizzo e al logo della Maison romana. In passerella per l'occasione un selezionato gotha di top model: da Kirsten McMenamy, Mariacarla Boscono, Naomi Campbell, Esther Cañadas, Karen Elson, Gigi Hadid, Shalom Harlow a Kate Moss con la figlia Lila, Emily Ratajkowski, Anya Rubik, Irina Shayk, Amber Valletta. Un doppio show trasmesso sulle pagine social di entrambe le case di moda, raggiungendo in pochi secondi quasi 38mila visualizzazioni, nonostante l'assenza di comunicazione del progetto, rimasto semi-segreto fino all'ultimo. L'aspetto più eclatante dell'evento è stato il logo, o meglio i due loghi, nella cui sfacciata fusione – quasi un falso d’autore – si è declinata buona parte della collaborazione.
E il logo è stato anche il principale e più esplicito veicolo tramite cui si è espressa qualche mese fa la sinergia fra Gucci e Balenciaga, tutte due Gruppo Kering. Per celebrare in maniera inconsueta i 100 anni del brand, Alessandro Michele ha "hackerato" l’estetica di Demna Gvasalia. "Un gioco nato quasi per scherzo", raccontano i due stilisti. Una serie di outfit e accessori mixano le silhouette di Balenciaga con i classici tessuti di Gucci: da una parte il retro-vibe 70s di Alessandro Michele e dall'altra il grunge techno anni '90 di Demna. I pezzi più accattivanti della "contaminazione" risultano la borsa dalla Jackie 1961 decorata con la stampa Balenciaga diagonale, alla maxi City in tessuto con monogramma GG e le Triple S con l'iconica stampa Flora. L’influenza di Demna si è estesa anche agli accessori e stivali presenti in molti dei look. Il parallelismo dell’operazione concepita da Gucci e Balenciaga con "Fendace" è d’obbligo, anche se a differenziare l’esperimento Fendi/Versace, c’è la distribuzione retail negli store di entrambe le griffe e il fatto che appartengano a Gruppi diversi (e competitor), rispettivamente al francese Lvmh e allo statunitense Capri Holdings.
Ma in un mondo del lusso impegnato in un'affannosa ripresa post-Covid e nel continuo inseguire nuovi compratori, specie appartenenti all'ambita Gen Z, Maria Grazia Chiuri di Dior è una voce fuori dal coro. La designer ha recentemente stroncato le collaborazioni tra griffe, dicendosi assolutamente contraria alle collaborazioni e addirittura all’uso di celebrities in passerella. Nonostante le passate collaborazione con Nike per sneaker firmate Dior, Chiuri disapprova le recenti iniziative come quelle di Gucci/Balenciaga e Fendi/Versace. "Non appartengo a quella generazione di designer, sono molto all’antica. Ho un modo diverso di lavorare – ha dichiarato alla stampa la Chiuri – Credo che le collaborazioni appartengano a una generazione più giovane di designer, che ha un approccio alla moda dal mio punto di vista un po’ da dj, nel senso che si campiona e si mischia. Noi da Dior invece proviamo a comporre con il sogno di fare la nostra musica". Una presa di posizione nettissima suona come un rimprovero a quei colleghi che, invece, sulle collab puntano moltissimo.
In ogni caso, il fenomeno non accenna a fermarsi e sembra l'inizio di una dinamica forte che fa pensare sia a un prossimo prolificare di mega-collaborazioni tra i colossi dell’industria moda, quanto a un ritorno alla grande della logomania. Oggi il mondo è sempre più veloce e connesso, quindi la moda e le tendenze non possono essere da meno. La parola "collaborazione" si fa concettualmente sinonimo di "ibridazione". Negli esempi citati, unire le forze significa stimolare la creatività e ridefinire radicalmente il concetto di branding, ma anche creare con più facilità hype mediatico e allargare il target di consumatori. Ma funzionerà davvero questa moda elevata all’ennesima potenza?