Assoprov – Associazione Promotori Vendite Calzature nasce nel 1985 con l’obiettivo di promuovere la diffusione della calzatura italiana nel mondo. Oggi, opera su scala globale generando valore dalla collaborazione tra tutti gli stakeholder del mondo della calzatura. Dopo oltre 30 anni di attività Assoprov annovera più di 60 associati, dislocati sul territorio italiano e in Europa e continua a lavorare organizzando la partecipazione come gruppo a fiere, eventi di settore e incentivando la formazione e la crescita degli associati.
Discorrendo con il suo presidente, Lino Mattiozzi, risulta chiaro come stia, anzi sia già cambiato il settore calzaturiero, come sia necessario uscire da questa disperata fase di crisi per tornare a incontrare i clienti di persona.
“L’umore non è dei migliori in questo momento. Viviamo più di speranza che di fatturato. Ci auguriamo che la pandemia possa finalmente declinare e lasciarci liberi di tornare a pensare agli affari. Soprattutto che la vaccinazione di massa produca effetti positivi così come accaduto in altri Paesi stranieri. 
Se ciò accadrà la speranza è che i negozianti riprendano slancio così da fare cassa e rimettere in moto il flusso degli acquisti.
Tutte le aziende, in tutta Italia, così come i loro clienti, sono in grande difficoltà. Alcune stanno chiudendo, anche in considerazione del fatto che già prima della pandemia si stava affrontando un non facile periodo di crisi. Il crollo del mercato russo e il rallentamento di altre piazze commerciali, la concorrenza dei Paesi stranieri che hanno eroso fette di mercato, già non ci faceva viaggiare con il vento in poppa. Ora la situazione si è ulteriormente aggravata, come per quasi tutti i settori produttivi.
C’è preoccupazione, c’è tensione, c’è perfino disperazione”.

Qualcuno è riuscito a rimanere a galla meglio di altri?
“Come in tutte le situazioni sussistono delle eccezioni. Si salva in particolare chi lavora per i grandi brand che riescono ad ammortizzare il colpo grazie a spalle ben coperte.
Fino ad ora abbiamo tamponato il più possibile lavorando con Internet e utilizzando lo strumento delle videochiamate. Ci tengo a sottolineare, però, che non lo ritengo un buon modo di vendere le scarpe. Per vendere una scarpa bisogna incontrare i clienti, i quali necessitano di toccare i modelli. Spesso vengono accompagnati da chi le scarpe le può anche indossare per testarne la calzata. Questi sono passaggi irrinunciabili”.

C’è qualche Paese che avete sentore possa partire prima?
“La situazione va monitorata costantemente. Un paio di mesi fa sembrava che l’India fosse in una situazione migliore rispetto agli altri, che la pandemia fosse alle spalle e che tutti avessero ripreso il lavoro. A posteriori sappiamo bene che la situazione non era affatto così rosea.
In Europa, i Paesi si trovano bene o male tutti allo stesso livello. Difficile capire chi potrà scattare prima e con più slancio. Forse l’unica eccezione è l’Inghilterra che effettivamente, già dagli inizi di maggio, è ripartita”.

Come ci si sta muovendo riguardo al prodotto?
“Tutti gli articoli sono andati in crisi. La scarpa elegante è senza dubbio quella che più ha subito i contraccolpi del lockdown. Mancando pressoché tutte le occasioni d’uso per questa tipologia di scarpa, le vendite si sono praticamente bloccate. Così come sembra essere stata espunta dal mercato la scarpa per la mezza stagione. I modelli che sembrano vincere a mani basse sono ancora una volta le sneaker. Le vetrine manterranno loro in primo piano e passeranno direttamente dagli stivaletti invernali ai sandali.
Per noi sarebbe importante che a giugno e luglio i negozi riuscissero a vendere parecchi sandali, così da essere stimolati a tornare in fiera per nuovi ordini.
Per quanto riguarda la produzione, nell’ultimo anno molte aziende hanno rinunciato a proporre novità nei loro campionari, ma semplicemente ripreso e aggiornato quanto già avevano in casa. Un atteggiamento comprensibile, che ha gettato in profonda crisi la categoria dei modellisti”.

Quanto ritiene siano calate le vendite nel 2020?
“Penso che una stima onesta si aggiri attorno al 60%. Del resto, basta pensare a quali e quante scarpe e per quanto tempo ognuno di noi indossa da un anno a questa parte”.

Come può intervenire un’associazione come Assoprov?
“È importante che ciascuno infonda una buona dose di ottimismo nei propri affari. Dobbiamo far sì che si riallaccino i rapporti con i nostri clienti e trasmettere loro speranza, rassicurandoli sul nostro essere ancora al loro fianco.
Credo che per fare tutto questo, il miglior segnale potrebbe essere la nostra partecipazione in forze alla prossima edizione di Expo Riva Schuh di luglio. Lì potremmo lanciare un importante messaggio di ripartenza”.

Quali forme di sostegno sono auspicabili per la vostra categoria, composta in gran parte da rappresentanti e agenti di commercio?
“Fino ad ora gli aiuti per le partite iva degli agenti di commercio sono stati irrisori. Siamo una categoria di intermediari fra la produzione e la commercializzazione. Chi si affida a noi lo fa per svariati motivi (perché non ha una struttura commerciale, perché riconosce il valore dei nostri contatti e della nostra esperienza…) e si aspetta che diamo maggior visibilità possibile alle loro collezioni. Perciò le fiere rappresentano per noi un momento importantissimo su cui puntare. In tal senso ho trovate molto interessanti le agevolazioni fornite da SIMEST e penso dovremo approfittarne il più possibile appena riapriranno il bando. Certo è che, rispetto al danno di questi mesi, questi sostegni rimangono quisquilie”.

L’online lo ritiene solo un buon modo di rintuzzare questa crisi o uno strumento valido per il futuro?
“Dicevo prima che sono convinto che le scarpe vadano vendute di persona, vadano toccate, e perciò le fiere e le visite rimangono centrali nel nostro lavoro. Il che non significa che il digitale non sia uno strumento più che valido da affiancare in modo permanente al tradizionale modo di lavorare.
La piattaforma digitale Swapcard, che Expo Riva Schuh ha messo a disposizione degli espositori a gennaio, per me ha funzionato. Ho raccolto contatti che non conoscevo e che sto sviluppando.
Inoltre, è cambiato il modo di strutturare le collezioni: ogni uno o due mesi i clienti ti chiedono novità, il che implica uno scambio di informazioni veloce che solo la tecnologia può assecondare.
Noi rappresentanti siamo animali un po’ particolari: se ci sono da fare 1000 chilometri, saliamo in macchina e partiamo. Ma il mondo è davvero cambiato da un anno a questa parte, quindi anche noi dobbiamo rivedere le nostre abitudini, il nostro stile di vita e i mezzi di vendita”.