Buono lo stato di salute di FFANY, di cui è a capo da più di 13 anni, e buone le prospettive del mercato americano della calzatura che, tuttavia, dovrà ben presto affrontare il problema della produzione cinese sempre più cara

Joe MooreDa oltre 13 anni alla guida dell’happening calzaturiero della East Coast e non solo (FFANY), Joe Moore è pronto a ritirarsi dall’incarico il prossimo anno. Non crediamo però che si allontanerà molto dal mondo delle calzature, da sempre la sua passione. Un settore in cui, è il caso di dirlo, ha speso tutta la sua carriera.
Appena diplomato vende scarpe da bambino in un negozio di Tulsa mentre nel 1957 un viaggio a Los Angeles con amici rappresenta la svolta. In California ci rimane e inizia a vendere scarpe da donna da Bullock’s. Non si ferma più: prima Neiman Marcus, poi CEO di Charles Jourdan US ed infine, prima di FFANY, Saks Fifth Avenue.

Com’è la situazione del mercato americano delle calzature?

I primi tre mesi di quest’anno sono andati male. La causa principale è da imputarsi alle condizioni meteo che non hanno per nulla incentivato la vendita di sandali estivi. D’altro canto i successivi 3 mesi sono andati molto bene, tanto da far dimenticare le difficoltà di inizio anno. Tirando le somme direi che è un momento positivo e lo si evince anche dal buon umore con cui i buyer hanno parteciapato all’edizione di giugno della FFANY. Direi che forse assistiamo al momento più positivo da diverso tempo a questa parte.
L’economia statunitense sta crescendo lentamente, ma sta crescendo. Tutti i fattori chiave economici presentano segni positivi, dall’impiego all’edilizia

Pensa che questa buona situazione possa avere riflessi positivi sull’import di calzature europee?

Gli americani sognano da sempre di indossare scarpe europee, particolari e ben fatte. Ma gli USA sono anche un mercato molto focalizzato sul prezzo in questo momento. Questa considerazione non vale per il lusso, di cui l’Italia è la regina, ma penso che l’alto di gamma rappresenti una minima parte del mercato, importante per i trend e per l’immagine, ma non in grado di realizzare grandi numeri

Qual è lo stato di salute della fiera FFANY?

Le fiere sono molto cambiate negli ultimi anni. Non assistiamo più all’invasione di compratori. I department store hanno consolidato la propria forza, hanno comprato altri department store… Ciò comporta meno visitatori nelle fiere, il che non significa meno scarpe vendute, ma solo che ci sono meno persone che comprano la maggior parte delle scarpe. Esistono ovviamente ancora dei compratori indipendenti, ma la loro posizione è considerata ormai una vera scommessa, e ciò vale in ogni paese del mondo. Gli indipendenti affrontano una sfida che possono vincere sviluppando una forte identità, perché non possono certo combattere sul prezzo contro le grandi catene. Per quanto riguarda FFANY, quindi, il trend era e rimane positivo

no images were found


È positiva questa presenza massiccia dei department store nel business calzaturiero?

Quando io iniziai a fare il buyer le scarpe erano rispettate dai department sotres, ma sicuramente non centrali. Oggi è diverso: gli accessori moda sono importanti, molto importanti, e ci sono buoni margini per chi di guadagno per chi vende. Direi che è una presenza inevitabile e positiva

Quali pensa siano i problemi che il settore calzaturiero dovrà affrontare in futuro per continuare a crescere?

Il problema più pressante è quello della produzione. Il 96% delle scarpe indossate dagli americani oggi è realizzato in Cina, paese in cui il costo del lavoro sta crescendo rendendo sempre meno conveniente la produzione. Come ho già detto, per il mercato USA il fattore moda conta, ma mai quanto conta il prezzo. Ci sono voci che suggeriscono un ritorno della produzione calzaturiera negli Stati Uniti, ma credo siano infondate e impossibili da avverarsi. Mi piacerebbe accadesse e supporterei tali scelte, ma in America è sparita l’intera filiera (materie prime, macchinari, conoscenze…), perciò ritengo improbabile che ciò accada