Promosso da Expo Riva Schuh & Gardabags, in collaborazione con WGSN, l’evento digitale condotto lo scorso 25 novembre da Ailis Swords-McDonnell si è focalizzato su un tema sempre in cima all’agenda dei consumatori: la sostenibilità. Il webinar ha posto l’accento sulle modalità con cui trasmettere al consumatore un messaggio positivo e credibile, in grado di aumentare la fiducia nel marchio, evitando di farlo cadere nella trappola del greenwashing.
Trasparenza
Nell’elenco delle case hystory dei brand che hanno utilizzato la trasparenza quale strategie primaria per comunicare il loro impegno verso la sostenibilità con autenticità ed efficacia, spicca Allbirds, un marchio di calzature con certificazione B Corp, che ha saputo unire comfort, design e sostenibilità. Tra le iniziative che il brand ha portato avanti in direzione sostenibilità ci sono il programma ‘try-before-you-commit-to-keep’, che permette di ridare indietro un articolo nell’arco di 30 giorni, oppure il programma Allbirds Carbon Fund, che mira a raggiungere il 100% di emissioni zero attraverso una tassa interna sul carbonio autoimposta e volta a finanziare progetti di riduzione delle emissioni sul pianeta. Da ricordare anche l’etichetta carbon footprint applicata a ogni calzatura, che informa il consumatore sull’impatto di quel prodotto sul pianeta. Allbirds ha, inoltre, avviato collaborazioni finalizzati a obiettivi di sostenibilità con altri marchi competitors con i quali si è impegnato a condividere knowledge, expertise, idee e risorse, come avvenuto di recente con Adidas, con la quale ha collaborato per lo sviluppo della sneaker ‘lowest-ever carbon footprint’.
Altro esempio di trasparenza radicale è Pangaia, che ha tra l’altro pubblicato nel 2020 il suo primo Impact Report che relaziona riguardo le iniziative intraprese per raggiungere i propri obiettivi di sostenibilità. Pangaia è un chiaro esempio di brand dalla comunicazione trasparente e onesta verso il consumatore, che viene costantemente informato sui risultati raggiunti, su quelli ancora da raggiungere e sulle aree da migliorare.
L’ultimo esempio è H&M che ha scelto di applicare gli Higg Index e ha condiviso con il consumatore il suo Sustainability Report 2020, a dimostrazione che anche nell’ambito del fast fashion si può investire in sostenibilità con serietà e trasparenza.
Activism
Ci sono marchi che alla comunicazione trasparente hanno affiancato azioni a sostegno della tutela del pianeta e del benessere dell’uomo. Tra questi il marchio statunitense di abbigliamento outdoor Patagonia, che ha vinto lo UN Champion of the Earth Award nel 2019, il massimo riconoscimento a tema ambientale delle Nazioni Unite per aver posto la sostenibilità al centro del proprio modello di business. Ricordiamo iniziative come il suo programma Worn Wear di articoli second-hand, o 1% for the planet, che dona l’1% del ricavato dalle vendite ad iniziative non profit. Celebre è anche la sua campagna ‘Don’t buy this jacket’, che vuole spingere il consumatore a riflettere sull’over-consumo, o il sito che mette in contatto il consumatore con gruppi locali votati alla protezione dell’ambiente.
Altro esempio è Levi’s e la sua campagna ‘Join us, use water less’ a favore del risparmio dell’acqua nella produzione di jeans, a partire dalle pratiche di coltivazione del cotone, fino alla produzione del jeans stesso, e all’uso che ne fa il consumatore.
Esempio di social activism efficace è invece Kotn, che si è focalizzato sulla sostenibilità sociale e umana della propria filiera.
Greenwashing
Infine, WGSN fornisce due esempi di marchi che hanno mancato l’obiettivo di trasparenza e sostenibilità, cadendo nella trappola del greenwashing. Il primo è il gigante del fast fashion Asos con la sua ‘Responsible Edit’, una selezione di prodotti che dichiaravano di avere un basso impatto ambientale, senza specificare grazie a quali misure e azioni, così come non esistono evidenze riguardo la riduzione di consumo di acqua e dello spreco tessile, tanto più che molti capi di questa collezione includono mix di materiali difficili da riciclare. Il brand ha anche creato una collezione di abbigliamento circolare, ma senza offrire la possibilità di restituire i capi usati per riciclarne i tessuti.
Il secondo esempio è Amazon, un brand che è anch’esso caduto nella trappola dell’ipocrisia con il suo annuncio a impegnarsi a raggiungere emissioni zero entro il 2040, nonostante il consumatore abbia l’evidenza di come l’azienda spinga sul consumismo e il fast shipping.
Punti-chiave
I punti chiave per evitare il greenwashing sono: mostrare totale trasparenza; essere coerenti nella comunicazione; evitare affermazioni audaci o false; evitare politiche di distrazione con azioni e iniziative minori che mirano a spostare l’attenzione da un business sostanzialmente non sostenibile.
Bisogna puntare su: usare certificazioni verificate; essere completamente trasparenti; impegnarsi nell’attivismo; educare e informare il pubblico.