Assemblea Nazionale atipica per Assocalzaturifici che sceglie la formula privata e dà appuntamento agli associati presso la nuova sede confindustriale di via Alberto Riva Villasanta il scarpe-619 giugno per discutere i dati settoriali di inizio 2018, illustrare le iniziative associative e presentare il risultato dell’indagine sul ricambio generazionale nelle aziende del comparto. Alla presenza del presidente Confindustria Moda Claudio Marenzi, della dirigenza di Assocalzaturifici e degli associati, il presidente Annarita Pilotti illustra un quadro settoriale ancora a luci ed ombre per il comparto calzaturiero: “Il 2018 si è aperto con un rallentamento nelle vendite estere e nei ritmi produttivi. L’export registra un timido +0,1% in valore, ma cala di oltre il 3% in volume rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Inoltre, preoccupano alcune criticità in alcune aree di sbocco internazionali. In particolare, nell’area CSI il recupero rilevato nel 2017 si è interrotto e i primi tre mesi del 2018 registrano un calo del 7% in valore e del 2% in quantità, con flessioni del 10% per la Russia. Si conferma anche la frenata in Far East (-6,3% in valore), dove l’ulteriore crescita di Cina e Corea del Sud non è bastata a compensare le perdite di Giappone e Hong Kong”.
Il 2017 aveva alimentato la speranza di una ripresa, con i suoi indicatori positivi e in particolare quelli relativi alla produzione, tornata a superare la soglia dei 190 milioni di paia, dell’export, che raggiunti 9,2 miliardi di euro ha archiviato il record degli ultimi 15 anni, e nel saldo commerciale estero, a quota 4,54 miliardi di euro, +8,5% rispetto al 2016. Motivi più che sufficienti per confidare in una più decisa ripresa nel 2018 e, invece, è arrivata la doccia fredda.
Con una performance estera modesta, l’export nel primo trimestre 2018 resta tuttavia il traino di un settore che si deve confrontare con un mercato domestico da diversi anni stagnante.
Tra gli sbocchi della calzatura made in Italy, il principale resta l’Europa, dove sono dirette 7 paia scarpe-8di calzature su 10 esportate, con una generale tenuta dei valori (+0,3%), a fronte di un calo del 6% nei quantitativi, e performance negative di oltre 10 punti percentuali nei volumi nei mercati chiave di Francia, Spagna, Belgio e Paesi Bassi. Altalenanti le performance nei mercati extra-UE, con valori stabili e quantitativi in crescita del 3,9%, ed un trend che in genere approfondisce le dinamiche evidenziate nel 2017. Andando al dettaglio, la Svizzera consolida il ruolo di hub logistico anche per la calzatura, segnando oltre +10% in volumi e valori. In Nord America gli Usa allargano ulteriormente la forbice tra volumi positivi e spesa negativa (+10% e -10,2%), mentre il Canada, forse sulla scorta dell’entrata in vigore provvisoria del CETA, segna volumi a doppia cifra (+23%). Il Far East approfondisce il bilancio negativo tra i suoi quattro principali sbocchi. L’unica area che si discosta dal trend dell’anno precedente è la CSI che compie un drammatico balzo indietro dal +23% dei volumi e +15,3% dei valori del 2017, e registra in Russia l’interruzione di quello che a molti era apparso come l’inizio di un promettente recupero.
Per contro, riprende vigore l’import, con un significativo +5% nei volumi e nei valori, e un deciso +10% in quantità dalla Cina, nostro primo fornitore. Nonostante queste dinamiche, il saldo commerciale italiano resta tuttavia ancora largamente attivo, a quota 1.069 milioni di euro, con una contrazione però del 6% rispetto allo stesso periodo del 2017.
Il settore calzaturiero non è nuovo alle sfide e le aziende associate intervistate in vista dell’Assemblea Nazionale si sono dichiarate concordi nell’indicare il mercato Usa come quello scarpe-2con le migliori prospettive di crescita nei prossimi mesi e nel puntare sul mix di ricerca dei nuovi mercati, razionalizzazione dei costi e innovazione di prodotto, come strategia su cui puntare per superare l’attuale congiuntura.
Attenti però a scommettere su una svolta nel breve periodo: il carnet ordini dei primi 4 mesi del 2018 rilevato tra gli associati segna riduzioni di quantità sia sul fronte estero (-1,9%) che su quello nazionale (-1,1%).
Il momento certamente non facile aggrava la sofferenza delle aziende e la crisi occupazionale: dopo un 2017 con -131 aziende e -144 di addetti, il primo trimestre registra la chiusura di altri 45 calzaturifici e segna la perdita di ulteriori 331 posti di lavoro.
E al futuro delle aziende calzaturiere, nella delicata fase del passaggio generazionale, Assocalzaturifici ha voluto gettare uno sguardo, commissionando una ricerca a LIUC Business School, i cui risultati sono stati presentati in occasione dell’Assemblea: “La ricerca L’azienda famigliare? Una vera impresa! – dichiara Annarita Pilotti – ha mostrato che per le aziende del comparto la vera continuità è costituita dal cambiamento che i giovani cresciuti in famiglie di imprenditori possono infondere alle loro imprese, se lasciati liberi di esprimere e innovare nell’ambito dell’organizzazione aziendale”. In un quadro con circa il 70% delle imprese scarpefamigliari che non sopravvive alla prima generazione e una percentuale inferiore del 10% che arriva solo a cinquant’anni di vita, bisogna evitare trappole come familismo, immobilismo e eccessiva chiusura all’esterno e promuovere “una proprietà responsabile e diffusa tra i membri della famiglia, la formazione scolastica, il coinvolgimento di terzi non appartenenti alla famiglia e l’analisi continua dei modelli di leadership a cui puntare” come fattori chiave di successo aziendale.
A chiusura dell’Assemblea il settore si dà appuntamento alla prossima edizione di Micam, scommettendo sulla piattaforma fieristica come importante risorsa per la promozione internazionale del made in Italy calzaturiero.