Come ITA, quale attività svolgete in Corea?

La Corea è uno dei mercati che vede ITA maggiormente impegnata a livello promozionale, perché rappresenta il settimo paese al mondo per risorse promozionali investite e il terzo in Asia, dopo Giappone e Cina. Come ITA, oltre a portare avanti il nostro programma promozionale annuo per le imprese italiane, operiamo in Corea attraverso una struttura situata a Seul inaugurata nel 2019 che si chiama High Street Italia, e che rappresenta un caso unico al mondo: si tratta di una sorta di ‘showroom del Made in Italy’, composta da due piani espositivi, dove le aziende italiane hanno la possibilità di esporre i loro prodotti, e in determinati casi di venderli, cui si aggiungono altri due piani adibiti ad eventi organizzati da ITA o da altre istituzioni del Sistema Italia come mostre, seminari, workshop ecc. High Street Italia funge come una sorta di ‘pop up’ store di grande visibilità per i prodotti del Made in Italy, perché si trova nel distretto di Gangnam, in una delle zone di ritrovo dei giovani, dove risiedono anche i ceti più abbienti e si concentrano le arterie principali dello shopping cittadino.

Quali sono le caratteristiche del mercato coreano?

In Corea l’Italia riveste un ruolo dominante nell’ambito della moda e dei beni di lusso, settori che totalizzano oltre il 50% del nostro export e che rappresentano la voce più importante delle esportazioni italiane verso la Corea (cosa che non avviene, ad esempio, negli Usa, dove la voce principale del nostro export è rappresentata dalla tecnologia e dai macchinari). Inoltre, considerando un valore procapite sull’export dei beni di lusso-moda, emerge come in Corea questo si attesti a 76 dollari pro-capite, contro, ad esempio, i 20 dollari del Giappone e i 4 dollari della Cina: un dato che dimostra l’apprezzamento della popolazione coreana per i prodotti italiani.

Quale tipologia è più richiesta?

Senza dubbio, anche in Corea la brand identity riveste un ruolo molto importante, a tutto vantaggio delle grandi griffe. Tuttavia, va rilevato come una componente crescente della popolazione presti un’attenzione via via maggiore verso il ‘vestire bene’, nonché la qualità, l’originalità e l’artigianalità del prodotto, premiando anche le proposte di piccole e medie aziende. È comunque fondamentale investire e lavorare sempre di più sulla comunicazione e la visibilità dei marchi e delle piccole e medie imprese che costituiscono il tessuto portante dell’economia italiana.

Cosa emerge entrando un po’ più nel dettaglio del settore calzature e pelletteria?

Le calzature rappresentano la terza voce dell’export italiano in Corea. L’Italia è il terzo fornitore di scarpe per la Corea, dopo Cina e Vietnam. Se, però, ci riferiamo più nello specifico al prodotto di gamma alta e lusso, notiamo come l’Italia balzi nettamente al primo posto. Analizzando i dati, si nota come, dopo una fase stagnante nel 2020, legata al periodo pandemico, si assista, a partire dal 2022, a una ripresa delle esportazioni, seppur lieve (pari al +2% sull’anno precedente), per un totale di 570 milioni di dollari su un totale di 3,9 miliardi di dollari di import dall’estero (14% di quota di mercato). Distinguendo per tipologia di prodotto, per il Made in Italy appaiono dominanti le calzature in pelle (70% dell’export italiano), con un valore del 41% di import coreano per questa tipologia di prodotto, mentre le calzature in tessuto rappresentano il 21% dell’export italiano, con un trend in leggera flessione. Hanno invece segnato una notevole crescita (+27%) le calzature con suola in gomma, in linea con i trend globali di mercato che premiano la scarpa comoda, casual e confortevole, anche se formale.

Infine, una tipologia di prodotto molto apprezzata nel paese è quella della scarpa da trekking, attività molto praticata in Corea, anche dalla popolazione meno giovane. Una notevole opportunità per chi produce calzature tecniche, dove è richiesta qualità e performance.

È diffusa l’idea che il mercato coreano, come in generale i mercati asiatici, sia caratterizzato da una componente giovanile con un elevato potere d’acquisto. Cosa ci può dire in proposito?

Le giovani generazioni hanno un ruolo-chiave negli acquisti nell’ambito della fascia alta del mercato, anche di calzature. I giovani sono sempre più attenti ai trend globali messi in risalto dalle passerelle di moda internazionali e, soprattutto dopo la pandemia, sono molto attratti dalle griffe di moda, soprattutto sportive.

Quali sono le richieste del consumatore coreano rispetto alle aziende italiane, non solo in termini di prodotto, ma anche per esempio di sostenibilità…

Il consumatore coreano, nel Made in Italy cerca prima di tutto la qualità: una qualità tangibile, che si percepisca dai materiali utilizzati, dalle finiture, dallo stile ecc., capace quindi di contraddistinguersi dagli altri, e che posizioni il prodotto nella fascia più alta del mercato. È importante anche il servizio post-vendita. In tal senso va tenuta in considerazione l’importanza delle partnership locali per soddisfare appieno le aspettative del consumatore. Infine, è importante valorizzare la storia e le caratteristiche, anche artigianali, del brand, che conferiscono identità e unicità al prodotto. In ambito B2C, inoltre, conta anche la diffusione del marchio, sia in Italia che all’estero, e la sua notorietà.

Se un marchio italiano volesse approcciare il mercato coreano, a quali eventi dovrebbe prendere parte a suo parere?

In Corea non esistono eventi fieristici di riferimento ed è quindi per i buyer coreani cruciale prendere parte alle più importanti fiere internazionali, come Expo Riva Schuh & Gardabags. Per il futuro, abbiamo in progetto di organizzare alcuni eventi mirati, B2B e B2C, e sfruttare al massimo le potenzialità della nostra struttura High Street Italia. Abbiamo anche in programma delle collaborazioni con le piattaforme e-commerce più importanti del paese.

Ferdinando Gueli