Ospitato per la prima volta in Cina, il Congresso UITIC ha acceso i riflettori su una materia complessa che sta diventando di grande attualità e che comprende tematiche diverse come la sostenibilità ambientale, le condizioni di lavoro, la formazione e l’innovazione tecnologica. Relatori di primo piano provenienti da tutto il mondo hanno affrontato la questione da tanti punti di vista

Si è concluso con un bilancio estremamente soddisfacente il 18° Congresso Tecnico Internazionale della Calzatura UITIC (International Union of Shoe Industry Technicians) che dal 13 al 16 novembre scorso ha riunito a Guangzhou, in Cina, più di 300 operatori interessati a discutere ed approfondire un argomento ancora poco conosciuto ma considerato cruciale per il futuro del settore, che è sintetizzato nel titolo “Responsabilità sociale: una sfida per l’industria calzaturiera”. Una materia immensa e dai confini labili quella della Corporate Social Responsibility (CSR) in quanto comprende tematiche che spaziano dal rispetto delle leggi sul lavoro e dei diritti umani alla difesa della proprietà intellettuale, dalla ricerca di una maggiore sostenibilità con la conseguente riduzione dell’impatto ambientale, alla necessità di migliorare la formazione degli addetti e di utilizzare tecnologie innovative capaci di far risparmiare risorse energetiche, acqua e materie prime in genere.

La Responsabilità Sociale a prima vista può sembrare un ulteriore onere improduttivo, un costo aggiuntivo per le imprese, ma in realtà rappresenta una grande opportunità di crescita in un momento in cui l’industria manifatturiera mondiale si trova a fronteggiare sfide come il progressivo aumento del costo della manodopera e delle materie prime. Con questo Congresso intendiamo offrire gli strumenti per capire meglio questa materia, rispetto alla quale i consumatori di tutto il mondo sono sempre più sensibili.

ha spiegato nel discorso di apertura il presidente UITIC Yves Morin, che è anche Ceo del centro tecnico francese CTC Group.

L’importanza dell’evento è scaturita anche dal fatto che per la prima volta il Congresso dei tecnici della calzatura si è tenuto in Cina ed è stato impeccabilmente organizzato dalla China Leather Industry Association (CLIA), l’associazione che riunisce i produttori di pelli, calzature e pelletteria cinesi, recentemente entrata a far parte dell’associazione UITIC che oggi riunisce 27 Paesi del mondo e rappresenta il 90% del business calzaturiero.
Dopo una prima giornata dedicata alla visita degli impressionanti stabilimenti produttivi di due colossi calzaturieri locali come Huajian Group (ubicato a Dongguan) e Belle Group (a Shenzhen), il Congresso si è aperto ufficialmente nella prestigiosa cornice dell’hotel Shangri-La di Guangzhou che ha visto la presentazione di 37 lavori diversi, tra interventi orali e poster, da parte di esperti internazionali che hanno sviscerato numerosi argomenti articolati in 5 sessioni principali: Innovazione di prodotto, Innovazione di processo, Condizioni di lavoro e Risorse umane, Consumatori e clienti, Pratiche di business e implementazione della CSR.

A dare il benvenuto ai partecipanti anche il presidente di XINHAOPAN Group, Liu Suilong, importante azienda produttrice di materiali per calzature e sponsor esclusivo del Congresso, che ha dichiarato di guardare con grande fiducia all’innovazione tecnologica per supportare lo sviluppo dell’industria calzaturiera cinese.
Il presidente CLIA, Su Chaoying, ha invece fatto gli onori di casa presentando una fotografia della filiera pelle cinese e soffermandosi in particolare sulle sfide che la attendono nel prossimo futuro. Il progressivo aumento del costo della manodopera e la crescente difficoltà a trovare personale specializzato nelle aree costiere, dove il salario medio è arrivato a 450/600 dollari al mese (+4,5%), secondo la CLIA fa prevedere un ulteriore sviluppo del fenomeno della delocalizzazione produttiva verso le aree interne, economicamente più sfavorite e quindi più competitive. A causa della debolezza dei mercati europeo e americano, l’associazione prevede che nei prossimi anni le aziende calzaturiere cinesi più export-oriented potranno essere costrette a cercare nuovi mercati di sbocco (nel sud-est asiatico e in Africa) ma anche a focalizzarsi maggiormente sul mercato domestico che sta crescendo a passi veloci.

La Cina punta al mercato interno

Su Chaoying, presidente di CLIA


E’ stato un grande onore poter organizzare nel nostro Paese un Congresso tanto importante
Mr Su, quali sono oggi le sfide maggiori che la filiera pelle in Cina si trova ad affrontare?
Il progressivo aumento del costo della manodopera e la difficoltà a reperire personale specializzato nelle aree più industrializzate del Paese rappresentano i maggiori ostacoli allo sviluppo del settore, insieme al continuo incremento dei prezzi delle materie prime e all’apprezzamento del Renminbi sui mercati valutari che evidentemente fa diminuire la competitività dei prodotti cinesi. Da questo punto di vista, credo molto nel contributo che le nuove tecnologie possono offrire al contenimento dei costi produttivi e vedo importanti spazi di cooperazione con le aziende europee sul piano dell’innovazione tecnologica, oltre che della moda e del design.
Quali opportunità di crescita prevedete per il prossimo futuro?
Nei prossimi anni la Cina si focalizzerà molto sul mercato interno che è in forte espansione. Prevediamo che le esportazioni rimarranno stabili sui mercati tradizionali di Europa e Stati Uniti, mentre potranno crescere sui mercati emergenti, in primis nel sud-est asiatico e in Africa

Le politiche ambientali sempre più restrittive hanno creato una forte pressione sull’industria conciaria che a breve si attende anche una nuova legge sugli scarichi delle acque reflue. Per fronteggiare queste sfide, l’intera filiera pelle cinese dovrà passare da una logica di quantità a una logica di qualità.Nei prossimi cinque anni, dunque, non sono previsti ritmi di sviluppo simili a quelli degli ultimi dieci anni perché le aziende dovranno prestare più attenzione alla qualità e all’innovazione. Da qui la previsione di un forte aumento della richiesta di tecnologie più pulite con minori consumi energetici e di acqua, così come di prodotti chimici sempre più eco-friendly.

I principi base della Corporate Social Responsibility sono stati illustrati da Florian Beranek, esperto UNIDO che ha sottolineato l’importanza di un comportamento etico in senso lato da parte delle aziende ed accennato ai principi ispiratori che hanno portato alla compilazione della UNI ISO 26000:2010, la norma che fornisce ufficialmente le linee guida alle organizzazioni che vogliono operare sul mercato in modo socialmente responsabile.
La parola è quindi passata al noto esperto americano Peter Mangione. Dopo aver analizzato i principali competitor cinesi come Vietnam, India ed Etiopia, l’ex presidente dei retailer americani ha spiegato come, a dispetto del rallentamento cinese dovuto ad una spirale di costi sempre più alti, non esista nessun altro Paese al mondo dotato o in grado di dotarsi delle infrastrutture necessarie a sostituirsi alla Cina.

«Anche se la Cina è diventato il paese asiatico con il costo orario della manodopera più alto di tutta l’Asia (1,9 US$), nei primi 8 mesi del 2013 ha comunque esportato ben 7,1 miliardi di paia (+3,7% in volume e +6,9% in valore), fra l’altro scarpe di tutti i tipi, unico paese al mondo anche sotto questo punto di vista»

Un’altra sfida ardua per la Cina – ha però fatto notare l’esperto americano – è legata al progressivo apprezzamento della sua valuta che ovviamente fa diminuire la competitività dei suoi prodotti. Anche per questa ragione, Mangione vede le migliori prospettive di sviluppo dell’industria calzaturiera cinese sul suo mercato interno, il più grande del mondo con un consumo annuale di 3,6 miliardi di paia a fronte dei 2,6 miliardi dell’Europa e dei 2,3 degli Stati Uniti. «Nei prossimi anni assisteremo ad uno sviluppo fenomenale del retail in Cina».
Secondo Mangione è infine inevitabile una generale diminuzione, nel mondo, della produzione di scarpe in pelle a causa dei crescenti costi della materia prima. «Penso che l’impiego della pelle sia sempre più destinato ad essere limitato al segmento del lusso, sia per una questione di costi crescenti che di performance, soprattutto per quanto riguarda la calzatura sportiva che già sta privilegiando il sintetico».
Il tema della sostenibilità in ambito produttivo è stato affrontato da Sergio Dulio, ingegnere italiano tra i più esperti di tecnologie calzaturiere innovative che ha presentato una relazione dal titolo “Lean, green and clean: a new paradigm in footwear manufacturing” in cui sostiene la tesi che occorre produrre solo quello che serve (ovvero solo ciò che è già stato ordinato) minimizzando gli scarti e le inefficienze lungo l’intero processo produttivo con il consumo energetico più basso possibile.
Entrando nel merito delle tecnologie innovative, un contributo interessante è arrivato da Michele Cantella dell’italiana Atom, azienda leader nei sistemi automatici di taglio, che sta studiando come migliorare ulteriormente l’efficienza di questa fase di lavorazione attraverso l’impiego di robot antropomorfi o delta robots per il recupero dei pezzi tagliati.

Moda e sostenibilità

Yves Morin, presidente di UITIC


Sono davvero soddisfatto dei risultati del Congresso – commenta a fine lavori il presidente UITIC, Yves Morin – le relazioni presentate erano di buon livello, oltre che comprensibili ed accessibili a tutti. Soprattutto ritengo sia stato molto importante introdurre nel settore il tema della Responsabilità Sociale e la Cina – che rappresenta il 65% della produzione mondiale – è stato senz’altro il luogo perfetto per cominciare a parlare di questa materia
Qualcuno sostiene che la Social Responsability (SR) è uno di quegli argomenti utilizzati dagli uffici marketing per vendere di più
Dissento completamente. Quando si parla di calzature, si parla di consumatori, ovvero di noi, donne, uomini e bambini: esseri umani che hanno il diritto di utilizzare prodotti innocui e sempre più sostenibili. Stiamo entrando in una nuova era di consumo consapevole in cui i requisiti previsti dalla SR saranno all’ordine del giorno. Anzi, in Francia è già così. Dobbiamo essere preparati
Le calzature sono strettamente legate alla moda. Come si concilia l’innovazione continua imposta dalla moda con un’effettiva sostenibilità ambientale?
Effettivamente c’è una competizione tra moda e sostenibilità che evidentemente non hanno gli stessi obiettivi, ma sono convinto che si possa trovare il modo di fare avvicinare i due mondi, di accorciare le distanze puntando ad esempio su un maggior valore aggiunto dei prodotti

Enrique Montiel dell’Istituto di ricerca spagnolo INESCOP ha invece affrontato l’argomento del progressivo invecchiamento della forza lavoro in Europa che pone il problema di come riuscire ad attrarre in questo settore i giovani. Secondo recenti studi, in Europa nei prossimi anni verranno a mancare 20 milioni di lavoratori specializzati. La ricetta secondo Montiel è quella di puntare sull’innovazione tecnologica.
Molto interessante è stata anche la relazione di Andreas Tepest del colosso calzaturiero tedesco Deichmann (produce 165 milioni di paia l’anno perlopiù in Asia) che da anni ha adottato un severo codice di condotta in tema di Responsabilità Sociale cui tutti i suoi fornitori devono attenersi.
Un esempio di conceria virtuosa è stato invece offerto dalla tedesca Isa Tan Tec responsabile di due unità produttive in Asia, una a Saigon in Vietnam e una ad Heshan in Cina, che rappresentano un modello di sostenibilità grazie all’implementazione delle tecnologie più avanzate in termini di risparmio energetico, efficaci sistemi di trattamento dei reflui e riutilizzo dei fanghi.

Sempre più importanti i temi sociali

Jean-Pierre Renaudin, presidente CEC


Jean-Pierre Renaudin è il nuovo presidente della Confederazione Europea della Calzatura (CEC). Francese, fino a due anni fa produttore di calzature per bambini nella zona di Bordeaux, Renaudin ha partecipato con estrema attenzione al Congresso UITIC.
Presidente, pensa che il mondo sia pronto a recepire i temi della Responsabilità Sociale?
In Europa c’è già molta pressione su questi argomenti da parte delle organizzazioni ambientaliste i cui messaggi catastrofisti hanno grande risonanza sui consumatori. Per il futuro dobbiamo aspettarci una sorta di Reach che verterà sui temi sociali e dobbiamo essere pronti a dettare noi le regole. Recentemente in Francia la TV ha trasmesso molti servizi che offrivano un’immagine negativa della produzione conciaria parlando della pelle in modo sbagliato. C’è molto da fare per riuscire a contrastare questi messaggi in modo pro-attivo. Infine ritengo sia stato stato molto importante cominciare a parlarne proprio in Cina