industria-italianaRipresa lenta per il settore calzaturiero italiano: la rilevazione condotta da Assocalzaturifici su un campione significativo di aziende del comparto calzaturiero per i primi nove mesi del 2017 evidenzia un quadro stabile, ma improntato alla cautela. Nonostante siano positivi tutti gli indicatori – a cominciare dalla produzione, cresciuta in media dello 0,7% in volume e del 2,1% in valore – la ripresa non decolla, soprattutto alla luce del terzo trimestre 2017, “con volumi senza variazioni significative, il rallentamento delle esportazioni e i consumi interni nuovamente al palo”.

“Ci avviamo alla chiusura di un anno in cui, dopo un lungo periodo insoddisfacente, iniziano a manifestarsi primi timidi segnali di inversione di ciclo. – è stato il commento di Annarita Pilotti, presidente dell’associazione – Ma non possiamo cedere a facili entusiasmi: tante sono ancora le imprese in annarita-pilottidifficoltà”.

Come sempre, la tenuta del settore si deve soprattutto all’export che, nei primi nove mesi del 2017 evidenzia una crescita del 2,2% in valore e dell’1,4% in quantità (dati Istat).
Tendenzialmente sui mercati dell’UE il made in Italy risulta stabile (+1% in valore e +0,2% in volume), riconfermando il lieve recupero in Francia (+0,8% in volume) ma arretrando in Germania (-2,9% nei quantitativi, nonostante un 0,6% in valore).
Più performanti le dinamiche extra UE (+4,4% in quantità e +3,6% in valore). Segnali confortanti di ripresa arrivano dalla Russia (+28,3% in volume e +18,4% in valore), mentre languono Ucraina e Kazakistan segnando rispettivamente un modesto +0,9% e un -0,4% in quantità.
In Nord America migliora la domanda degli Usa (ma solo in quantità: oltre il +6%), mentre il Canada è ancora in territorio negativo (-5,4%): bisognerà attendere il consuntivo del quarto quadrimestre per verificare se l’entrata in vigore provvisoria industria-calzatura-3dell’accordo di libero scambio CETA imprimerà una svolta positiva.
Mentre in Medio Oriente si è avviato il recupero (+3,2% in volume), rallenta invece il Far East (-6,8% in volume e -4% in valore): le pur buone performance di Corea del Sud (+7,6% in quantità) e Cina (+5,5% in quantità, seppur con un -1,7% in valore), non compensano le perdite attorno al -12% nei volumi di Giappone e Hong Kong.

Come evidenziato dai dati dell’export, la performance positiva del made in Italy è stata sostenuta dallo sforzo delle imprese nel contenere i costi: i valori crescono infatti in maniera inferiore ai quantitativi, per effetto di un aumento contenuto del prezzo medio al +0,8% (tra il 2011 e il 2016 la crescita era stata invece più sostenuta, del +32%), con un trend conservativo o al ribasso in molti importanti mercati, tra cui la Russia, dove segna un non trascurabile -7,8%.

L’effetto di queste dinamiche aggiunto alla contestuale frenata dell’import (-1,6% in valore e -3,3% in quantità) permette al settore di archiviare un saldo commerciale attivo di 2,97 miliardi di euro (+6,8% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno) riconfermando l’importante contributo del calzaturiero italiano alla bilancia commerciale nazionale.

industria-calzaturiera-7Sul mercato domestico i consumi sono ancora deboli (+0,4% in valore e -0,3% in quantità) e l’unico comparto che risulta premiante è quello delle sneaker, in crescita del 4%.

La nota di Assocalzaturifici si chiude con una fotografia della demografia delle imprese e degli addetti: a fronte di 99 chiusure, si registra tuttavia un saldo attivo di 279 occupati in più nel settore.