Matteo Scarparo, Responsabile Global Trade per Assocalzaturifici, illustra e spiega la posizione dell’associazione rispetto al Partenariato Transatlantico per il Commercio e gli Investimenti

Matteo Scarparo
Matteo Scarparo

Qual è la posizione di Assocalzaturifici nei confronti del TTIP?

«L’Associazione è al 100% favorevole all’accordo e non riscontriamo problematiche che potrebbero renderlo dannoso o poco interessante per il settore calzaturiero italiano.
Non abbiamo ragione di temere forti incrementi delle importazioni dagli Stati Uniti, per esempio. I marchi americani, generalmente player che operano a livello mondiale da tempo, sono già presenti nel nostro Paese e già oggi non subiscono particolari penalizzazioni in fase di export. Quindi per loro la situazione non cambierebbe più di tanto».

Mentre per quanto riguarda i produttori italiani?

«Per noi il mercato americano rappresenta il terzo mercato di sbocco. Quindi una piazza molto importante, che negli ultimi anni è tornata a crescere in maniera consistente. Rimane però un mercato di difficile penetrazione. Il nostro settore, infatti, e più in generale il segmento casa/persona, è tra quelli più penalizzati dai dazi doganali. In altri termini, noi siamo quelli che globalmente contribuiscono a rimpinguare più di di tutti le casse delle dogane statunitensi, quelli che subiscono il maggior peso delle tariffe doganali. Tariffe di per sé non altissime, intorno all’11%, che toccano punte più alte per alcuni codici di prodotto, ma che comunque superano la media considerata “normale” che si aggira tra il 4 e l’8%. Per questo motivo un accordo che preveda l’abbattimento dei dazi è fondamentale.
Inoltre, si supererebbero altri aspetti altrettanto problematici come le barriere non-tariffarie, infatti l’accordo prevede che siano armonizzati gli standard di regolamentazione. Oggi le nostre aziende spendono tempo e risorse per rendere le proprie produzioni conformi agli standard statunitensi. L’import negli USA, in questo momento, può avvenire solo attraverso il registro delle licenze di importazione che non è affatto semplice da redigere. In più è necessario compilare una serie di altri documenti molto complessi.
Perciò gli USA sono un mercato molto interessante, ma ad oggi solo per aziende molto strutturate, che possono assolvere tutte queste pratiche. L’accordo potrebbe aprire le porte del Paese anche a calzaturifici medio/piccoli che possiedono buoni prodotti e ottime potenzialità».

Alcuni temono che gli standard di sicurezza dei prodotti si possano abbassare a seguito dell’accordo?

«No, non accadrà. Potranno semplificarsi a livello burocratico i vari regolamenti, ma gli standard americani sono comunque alti per quanto riguarda la sicurezza dei prodotti calzaturieri».

Altri sono spaventati dalla facilità con cui gli investitori stranieri potranno acquisire aziende medio/piccole, l’ossatura del nostro sistema manifatturiero?

«Ben vengano gli investimenti esteri. Secondo noi non è assolutamente un problema. Inoltre, nella bozza del trattato, è presente un capitolo dedicato proprio alle PMI in cui si introducono clausole di salvaguardia contro acquisizioni e operazioni malevole».

Che effetti potrebbe avere l’accordo sul tema dell’etichettatura obbligatoria?

«Direttamente nessuno. Indirettamente potrebbe averne visto che per accedere alle agevolazioni previste dal Trattato bisognerebbe, ovviamente, dimostrare l’origine europea del prodotto.
Su questo argomento le associazioni calzaturiere europee hanno avanzato una richiesta agli Stati Uniti, quella di ammorbidire la propria regolamentazione riguardo l’attribuzione dell’origine della scarpa che oggi prevede che la tomaia venga lavorata nel Paese di provenienza. Questa regola taglierebbe fuori molte aziende europee che lavorano la tomaia in nazioni non-comunitarie, nonostante poi assemblino i modelli, e quindi compiano le lavorazioni a maggior valore aggiunto, in Europa».

Quale impatto avrebbe sull’export italiano il TTIP?

«A parità di condizioni geo-politiche potremmo sicuramente assistere ad un incremento importante, quasi del 10%, dell’export verso tutta l’area coinvolta nel trattato.
Ma il portare a conclusione l’accordo avrebbe anche un impatto meno evidente, ma altrettanto fondamentale. Gli USA hanno praticamente concluso un accordo simile con 11 Paesi dell’area del Pacifico (TTP), paesi come Giappone, Vietnam, Malesia, Messico… che avrebbero accesso facilitato al mercato americano, mentre noi, se non chiudessimo l’accordo, rimarremmo penalizzati di riflesso».

Qualche punto ancora da smarcare?

«Quello riguardante le forniture pubbliche che potrebbero essere molto interessanti per il nostro settore. Attualmente, negli USA, vige ancora il “Buy America”, cioè condizioni di privilegio per le aziende americane che tagliano le gambe ai fornitori stranieri… Se ciò venisse abolito e venissero garantite pari condizioni di accesso agli appalti, si potrebbero liberare interessanti opportunità»

550px-Transatlantic_Free_Trade_Area_svgChe cos’è il TTIP?
Il Partenariato Transatlantico per il Commercio e gli Investimenti (in inglese Transatlantic Trade and Investment Partnership, TTIP), inizialmente definito Zona di libero scambio transatlantica, è un accordo commerciale di libero scambio in corso di negoziato dal 2013 tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti d’America.
L’obiettivo dichiarato è quello di integrare i due mercati, riducendo i dazi doganali e rimuovendo in una vasta gamma di settori le barriere non tariffarie, ossia le differenze in regolamenti tecnici, norme e procedure di omologazione, standard applicati ai prodotti, regole sanitarie e fitosanitarie. Ciò renderebbe possibile la libera circolazione delle merci, faciliterebbe il flusso degli investimenti e l’accesso ai rispettivi mercati dei servizi e degli appalti pubblici.
Se il progetto andasse in porto, verrebbe creata la più grande area di libero scambio esistente, poiché UE e USA rappresentano circa la metà del PIL mondiale e un terzo del commercio globale.

(fonte Wikipedia)

Fate in fretta con il TTIP

Lo scorso 8 giugno tre associazioni di categoria, statunitensi ed europee, hanno siglato un documento che suona come un appello ad abbattere al più presto le barriere tariffarie e non fra i due paesi

Le tre associazioni di riferimento per il mondo calzaturiero europeo e statunitense (la Confederazione Europea CEC – presiedente Cleto Sagripanti, l’American Apparel &amp, Footwear Association AAFA – presidente e CEO Rick Helfenbein, e l’associazione USA dei retailer FDRA – presidente Matt Priest) hanno sottoscritto un documento congiunto allo scopo di fare pressione sulle istituzioni USA e EU affinché sblocchino le trattative e portino a compimento il percorso di approvazione del TTIP, Trans-Atlantic Trade and Investment Partnership.
L’obbiettivo è chiaro e semplice: abbattere qualsiasi barriera tariffaria.

«Armonizzare gli standard e i regolamenti che incidono sul commercio calzaturiero di USA e EU ed eliminare le tariffe doganali ridurrà i costi e porterà benefici a produttori e consumatori»

4 domande a Cleto Sagripanti, presidente della Confederazione Europea delle Calzature

Quali ritiene siano i vantaggi del TTIP per il settore calzature europeo?

«La liberalizzazione degli scambi, come auspicato nel documento firmato tra CEC, AAFA e FDRA lo scorso 8 giugno a New York, dovrebbe portare alla cancellazione del dazio del 10% sulle calzature italiane esportare negli USA. Questo è senza dubbio l’obbiettivo e il vantaggio principale»

Non vi è qualche punto del trattato che potrebbe penalizzare le PMI/calzaturifici europei?

«Ad oggi non ci risultano punti penalizzanti visto che attualmente l’Europa è già il mercato più aperto del mondo almeno per quello che riguarda le calzature. Chi si preoccupa che si possano abbassare gli standard di sicurezza, salute ed equità sociale dovrebbe modificare il punto di vista e sentirsi rassicurato dal fatto che due realtà commerciali così importanti condividano le stesse regole in modo chiaro e senza equivoci»

Il TTIP potrebbe aiutare il percorso europeo verso l’etichettatura obbligatoria?

«Sicuramente non lo ostacolerà visto che i consumatori americani tengono più al Made in Italy che gli italiani stessi»

Perché il TTIP potrebbe rivelarsi un accordo strategico?

«Dopo la fine del periodo dei dazi anti-dumping (purtroppo non replicabile), l’Europa è il mercato più aperto al mondo per quanto riguarda le calzature. Vista l’avversità delle lobby dei paesi nordeuropei ad un minimo di protezione, dobbiamo facilitare l’accesso ai mercati extra-europei, in particolare i mercati asiatici e del Mercosur (Sudamerica)»

Latest news

Sono del 28 agosto le dichiarazioni del vicecancelliere e ministro dell’Economia tedesco, Sigmar Gabriel, che dichiara, anche se in via non ufficiale, il fallimento dei negoziati USA-UE sul trattato di libero scambio (TTIP). Gabriel ha sottolineato che in 14 round di colloqui le parti non hanno trovato un’intesa su un solo capitolo dei 27 sul tavolo.