Dall’etichettatura di origine obbligatoria all’importanza della manifattura eUropea fino a toccare le dogane internazionale. Molti i temi toccati durante il dibattito di apertura di theMICAM

L’inaugurazione di theMICAM di domenica 15 settembre è coincisa con un momento di dibattito dedicato alla contraffazione e all’etichettatura di origine obbligatoria, temi sempre più importanti per tutelare la produzione manifatturiera d’eccellenza e aiutare le aziende a salvaguardare il patrimonio della tradizione.

Moltissimi i temi toccati dai partecipanti. A partire dal Vice-Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, che ha puntato il dito contro i pesi del Nord Europa

Sono sempre loro ad opporre resistenza sul tema del marchio d’origine. Sbagliarono anni fa, quando ritennero che paesi maturi non dovessero puntare sulla manifattura disinteressandosi dei problemi ad essa legati. Oggi, che anche gli USA stanno portando avanti un ottimo lavoro per il ritorno in patria del manifatturiero, qualcuno comincia a ripensarci. Dobbiamo fare in modo che la battaglia per il Made In rimanga sui binari attuali e non scada di nuovo in una lotta ideologica. Non deve essere un provvedimento commerciale, bensì deve riguardare la tutela dei consumatori – tema, fra l’altro, su cui le popolazioni del Nord Europa sono molto sensibili

A Calenda fa eco Valeria Fedeli, Vice Presidente del Senato Italiano:

Sono molti i provvedimenti che andrebbero presi, oltre l’etichettatura obbligatoria, per creare una catena di protezione del manufatturiero che non presenti anelli deboli. Sarebbe utile dar luogo a un albo di certificazione ad iscrizione volontaria per la trasparenza dell’origine che preveda sostegni statali per chi vi aderisce. Magari fornire agevolazioni di natura economica alle aziende il cui domicilio fiscale è in Italia. Inoltre, si dovrebbe agevolare la nascita di una forte associazione di consumatori a livello continentale.&lt,br&gt,
In sostanza perché il discorso del Made In abbia senso, bisogna che il concetto di tracciabilità sia esteso: non basta certificare la qualità del prodotto, ma bisogna valutare anche i processi produttivi (salute, sicurezza e ambinete). Bisogna tornare a proteggere la manifattura, certificarne la qualità, tutelarla con l’anticontraffazione e assicurare politiche commerciali internazionali di reciprocità

Lisa Ferrarini, presidente Confindustria del Comitato Tecnico per la tutela del Made in Italy e la Lotta alla Contraffazione, a rincarare la dose

Abbiamo bisogno degli Stati Uniti d’Europa e di un’Authority sulla proprietà intellettuale per fare in modo che la lotta alla contraffazione venga gestita in modo uniforme in tutti gli stati. Le dogane in Italia lavorano bene, ma è inutile se poi dal Nord Europa entra qualsiasi merce

È necessario che si parli sempre di più di questi temi e che si cominci ad agire! Ora che l’Europa vuole portare al 20% l’apporto della manifattura al PIL del continente, noi rischiamo di rimanere indietro perché non si fa nulla di serio in termini di lotta alla contraffazione e, aggiungo come imprenditore, di abbattimento del cuneo fiscale

ha chiosato con forza Cleto Sagripanti, presidente di Assocalzaturifici.

A chiudere le promesse del Vice-Ministro Calenda: «Riapriremo i desk anti-contraffazione a Istanbul, Mosca e Pechino dove ben lavoravano. Saranno inoltre una sentinella che informerà e aiuterà le aziende italiane a combattere contro le barriere non tariffarie che penso rappresenteranno la vera sfida dei prossimi anni. Aumenteremo i fondi dell’ICE (in Italia erano solo 28 milioni contro i 170 degli spagnoli) e sottoporremo l’Istituto per il Commercio Estero alla valutazione del livello dei propri servizi»