1479487623673-jpg-calzature__produzione_in_calo__assocalzaturifici___indispensabile_investire_sul_made_in_italy_Lo scorso settembre la Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori del Parlamento europeo non ha accolto l’emendamento proposto dall’Italia sul ‘Made in’ e l’obbligatorietà dell’etichettatura d’origine, emendamento che avrebbe avuto la sua logica collocazione all’interno del ‘Pacchetto Merci’ il cui obiettivo era proprio quello di rafforzare la sorveglianza di mercato sui prodotti. Alla notizia, il presidente della sezione calzature di Confindustria Centro Adriatico, nonché delegato di Assocalzaturifici per il ‘Made in’, Enrico Ciccola, aveva ribadito che a questo punto non restava che guardare alle elezioni europee di maggio 2019, in un clima senza dubbio più favorevole all’Italia grazie all’uscita di scena dell’Inghilterra con la Brexit, storico oppositore della coalizione dei paesi contrari all’etichettatura d’origine.
È iniziata così l’azione di lobby sulle istituzioni europee ricordando che “la soglia per raggiungere la maggioranza qualificata in Consiglio si abbasserà notevolmente rendendo più semplice la possibile approvazione della norma: l’importante è essere coesi e compatti nel presentare la nostra proposta” aveva affermato Ciccola.
Un passo avanti sull’argomento e, più in generale, sugli aiuti al comparto moda da parte del Governo è stato sicuramente il Tavolo della Moda riunitosi a Roma lo scorso ottobre, il primo dell’Era M5S-Lega, avvenuto dopo mesi di silenzio duranti i quali molte erano state le lamentele da parte delle istituzioni del sistema moda. All’appuntamento sono intervenuti i rappresentati delle associazioni confindustriali legate al settore moda e accessorio, tra cui Confindustria Moda, Assocalzaturifici, Sistema Moda Italia, Camera Nazionale della Moda Italiana, Pitti Immagine e Altaroma; da parte del Governo erano presenti il Vicepremier e ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, il sottosegretario del Mise con delega all’internazionalizzazione Michele Geraci, e il ministro dei Beni e delle attività culturali Alberto Bonisoli. Al centro dell’incontro vi sono state le politiche di sviluppo e d’investimento che il Governo ha annunciato voler proseguire a sostegno del comparto, in linea con quanto avvenuto in passato con i governi precedenti. Un comparto – quello del fashion – che come ha sottolineato il Presidente di Confindustria Moda, Claudio Marenzi, rappresenta la terza maggiore industria del Paese, con un surplus sulla bilancia commerciale di 27,7 miliardi di euro e una crescita del fatturato nel 2017 di 94,8 mld (+3,9%).

Abbiamo chiesto alla Presidente di Assocalzaturifici, Annarita Pilotti, le sue impressioni in merito.

Il Tavolo della Moda che si è svolto lo scorso ottobre a Roma è stato contrassegnato dalla collaborazione e dalla continuità rispetto alla gestione del precedente governo. Cosa ci può dire in merito alle politiche di aiuto al comparto calzaturiero?

“Abbiamo chiesto al ministro dello Sviluppo economico la necessità di continuare a sostenere le imprese calzaturiere nella realizzazione delle collezioni, ricalcando il percorso già segnato dal precedente Governo, ma estendendo il perimetro delle spese ammissibili a tutte le fasi della preparazione, soprattutto senza i vincoli legati alla cosiddetta incrementalità, che per le piccole e medie imprese del nostro settore rappresenta un ostacolo non da poco, vista soprattutto l’incertezza sui mercati.
Poi abbiamo insistito sulla necessità di abbattere il cuneo fiscale. Il costo del lavoro nel nostro Paese è troppo alto. Per sopravvivere e continuare ad esportare le nostre eccellenze, ci servono risorse per abbattere fortemente questi costi. Altrimenti sarà davvero difficile fermare la delocalizzazione”.

Quali sono gli ultimi sviluppi rispetto ad un tema così importante e ‘caldo’ come l’obbligatorietà dell’etichettatura d’origine?

“Per quanto riguarda il ‘Made in’, deve essere una priorità per l’Italia in Europa. Da oltre dieci anni cerchiamo, senza alcun risultato, di garantire una norma di civiltà, che possa informare il consumatore finale circa la provenienza geografica del prodotto. Purtroppo finora le trattative a livello europeo hanno sempre portato ad esiti insoddisfacenti.
Assocalzaturifici continuerà a battersi affinché l’UE riconosca l’importanza della nostra manifattura sana e di qualità, che venga riconosciuta e tutelata l’eccellenza della nostra produzione manifatturiera e di tutti i consumatori europei che finalmente potrebbero acquistare in maniera trasparente in Europa. La trasparenza nei confronti del consumatore è, infatti, un principio sacrosanto ed è pertanto necessario regolamentarlo, ponendo fine ad una situazione di opacità che si protrae da troppo tempo. L’applicazione di un’etichetta per rendere nota l’origine di un paio di scarpe non è un ostacolo alla libera circolazione delle merci, ma è semplicemente lo strumento più equo e veloce per coniugare le dinamiche commerciali dell’offerta al rispetto del diritto del consumatore di essere informato, diritto che peraltro è tutelato dai più evoluti e grandi mercati mondiali – Stati Uniti, Canada, Giappone, Australia e Cina – per accedere ai quali si deve indicare l’origine della propria merce”.

Nel frattempo il pressing su Bruxelles è proseguito anche a dicembre, con la richiesta da parte di una delegazione di Assocalzaturifici, affiancata da Confindustria Ceramica e FederlegnoArredo, dell’obbligatorietà dell’etichettatura Made In sulle merci in circolazione in Europa. “Dobbiamo fare presto – ha sottolineato ancora una volta Enrico Ciccola  – se non vogliamo che chiudano non solo le aziende calzaturiere ma anche interi territori, con il conseguente disastro occupazionale e sociale che tutti possiamo immaginare. È una battaglia di civiltà sulla quale non arretriamo di un centimetro”.