Il convegno di Federcalzature ha evidenziato la marginalità odierna dell’e-commerce rispetto al retail tradizionale, ma anche gli incredibili tassi di crescita del fenomeno

Massimo Donda, aprendo il convegno di Federcalzature sull’e-commerce, tenutosi durante Micam, ha precisato le domande fondamentali che molti oggi si pongono:

Ricordando una delle peggiori profezie della storia – quella di Ken Olsen, fondatore della DEC Digital Equipment Corporation, che ebbe a dire: “Non vi è motivo che qualcuno abbia un computer a casa” – come valutiamo il fenomeno e-commerce? Cancellerà i punti vendita al dettaglio? I negozi del futuro saranno solo virtuali?

Ha provato a rispondere Roberto Liscia. Quello che colpisce dei dati presentati dal presidente di Netcomm non è tanto il peso che l’e-commerce riveste all’interno del totale della distribuzione, francamente irrisorio visto il 2% per l’Italia e il 3% per l’Europa. È il tasso di crescita di questo tipo di business che impressiona: nel 2012 gli acquisti europei su Internet hanno raggiunto i 314 miliardi di euro, segnando un +20% (in Italia addirittura un +55%).
Se si allarga lo sguardo, nonostante il fenomeno abbia disatteso le aspettative di boom che molti analisti avevano predetto, l’e-commerce internazionale ha in ogni caso raggiunto un volume d’affari pari a 889 miliardi di dollari nel 2012 e sono state 1 miliardo circa le persone che hanno acquistato almeno un bene sfruttando una vetrina virtuale.

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Tornando in Italia, per quanto concerne le tipologie di prodotti più acquistati l’abbigliamento ha segnato le migliori performance di crescita (+39% negli ultimi 4 anni). Tra i prodotti fashion l’abbigliamento è la scelta preferita (il 43,7% ha acquistato un capo almeno 1 volta), seguita dalle calzatura (34%), dagli accessori (31,6%) e dalle borse donna (18,1%). Ancor più nel dettaglio queste sono le categorie di scarpe che si preferisce comprare tramite computer: scarpe da ginnastica (14,7%), scarpe uomo (3,5%), scarpe bambino (3,1%), mocassini (2,1%).

Un business, perciò, ancora piccolo ma che presenta ottime prospettive di crescita (sempre al netto dei profitti reali che i grandi del settore come Sarenza e Vente Privee non comunicano, lasciando il dubbio che i margini non siano poi così interessanti e che le difficoltà – vedi il diritto di recesso – siano ancora notevoli).