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SPECIALE SOSTENIBILITA’

La sostenibilità come scelta necessaria per rispondere a un consumatore sempre più attento e a un quadro normativo sempre più stringente

Federico Rossi
Federico Rossi
Federico Rossi – consulente aziendale, socio fondatore di Sintesi Comunicazione, società di consulenza operante nel campo del marketing e della comunicazione – e Maria Grazia Persico – consulente e advisor di comunicazione e dal 2002 titolare di MGP&amp,Partners oltre che editore e direttore editoriale del web magazine nonsoloambiente.it dal 2013 parlano di sostenibilità nel libro “Comunicare la sostenibilità” edito da Franco Angeli.
Gli autori ne approfondiscono tutti gli aspetti con un taglio estremamente pratico e concreto, grazie all’analisi di numerose case history che abbracciano best practice molto eterogenee per dimensione dell’impresa e settore merceologico di appartenenza.
Così Federico Rossi:

«Ancora troppe aziende ritengono che per essere sostenibili sia sufficiente soddisfare parte del proprio fabbisogno energetico con l’installazione di pannelli fotovoltaici sul tetto degli stabilimenti, ridurre lo spreco di carta o spegnere le luci quando non servono. Essere sostenibili non è una dichiarazione di intenti da inserire in un company profile è una filosofia aziendale che taglia in modo profondo e trasversale tutta la struttura e che, nel caso della sostenibilità ambientale, parte dalla revisione in chiave “green” (consumi energetici e idrici, emissioni, rifiuti, utilizzo risorse, etc.) dei processi e dei prodotti. Una revisione con forti basi scientifiche che deve essere misurata, validata e comunicata»

Quanto conta la sostenibilità per il consumatore?

«L’attenzione delle persone e, conseguentemente, le decisioni di acquisto, si stanno focalizzando anche sui comportamenti dei brand e in questa direzione l’approccio alla sostenibilità ambientale e sociale e più in generale l’approccio etico cominciano ad avere un peso importante. I consumatori, tendenzialmente, non cercano più solo brand iconici ma marche coerenti con il proprio sistema valoriale. L’incontro tra domanda e offerta verterà sempre di più sulla concordanza del sistema di valori»

Quali sono i punti fondamentali per potersi definire azienda attenta alla sostenibilità?

«Dal lato azienda un approccio reale alla sostenibilità non deve essere vissuto come una risposta tattica a un fenomeno di moda, ma richiede una visione strategica che può condurre anche a una revisione profonda dei prodotti, dei processi, se non addirittura del modello di business. La sostenibilità deve, quindi, diventare un valore fondante l’azienda, deve diventare parte integrante del suo DNA e deve essere sostenuta da un grande progetto di lungo periodo. Uno dei framework di riferimento in quest’attività tecnica è definito dalla norma ISO14040 – Life Cycle Assessment. La valutazione degli impatti non deve essere fatta solo nell’ambito del proprio ciclo produttivo ma deve essere esteso a tutto il ciclo di vita del prodotto: dalla culla alla tomba. Un approccio importante che mette al centro l’analisi della filiera e che può spingere l’azienda alla revisione della sua supply chain se non addirittura a una ridefinizione della catena del valore»

Quali sono i principali valori da comunicare?

«La comunicazione arriva dopo che l’approccio alla sostenibilità sia stato veramente implementato all’interno dell’azienda e sia andato a incidere non su aspetti marginali ma in ambiti core. In tal modo si evita il rischio di greenwashing, ovvero quei comportamenti che presentano un’evidente discrasia tra una situazione reale e la comunicazione. A tal fine la comunicazione della sostenibilità deve essere autentica, basata su informazioni reali e trasparenti, continuativa, equilibrata, autorevole e corente. Il ruolo della comunicazione di sostenibilità è quello di “traduzione”. Se l’approccio alla sostenibilità dell’azienda è reale, la base di partenza dovrà essere di natura tecnico-scientifica e le informazioni generate da questa fase non potranno che essere sostanzialmente incomprensibili alla quasi totalità del pubblico. Il ruolo della comunicazione è rendere comprensibili e fruibili a un pubblico variegato questi elementi sui quali costruire un nuovo vantaggio competitivo e sui quali rafforzare il capitale reputazionale dell’azienda»

Che tipologia di messaggio è meglio trasmettere?

«La comunicazione di sostenibilità non punta a vendere (o meglio non punta solo a vendere) e non usa i paradigmi della persuasione ma punta a informare, rafforzare un posizionamento e una reputazione aziendale, a diffondere un nuovo standard culturale. Allo stesso modo la comunicazione di sostenibilità non è rivolta solo ai clienti ma è multistakeholders (clienti, fornitori, pubblica amministrazione, sistema del credito, comunità locale, gruppi di pressione) e ha anche un forte impatto a livello di comunicazione interna. Deve essere in grado di bilanciare creatività e razionalità, emozione e tecnicismo, formalità e informalità»

Come valuta lo stato dell’arte del mondo moda rispetto il tema sostenibilità?

«Il settore della moda presenta una certa “effervescenza” sul fronte della sostenibilità. I casi di successo (giustamente evidenziati anche dai media) stanno aumentando basti pensare al grande rilievo di Brunello Cucinelli (qui la sostenibilità in tutte le sue declinazioni è assurta a fondamenta di un modello di business) o alle crescenti attività di un colosso quale Kering (che ha implementato una profonda revisione dei processi e dei prodotti proprio in ottica sostenibile). Il messaggio è importante. Se un settore “effimero” come il fashion sta svoltando in modo deciso verso la sostenibilità vuol dire che veramente siamo di fronte a un cambio di paradigma irreversibile»