Sempre in vetta alle classifiche dell’industria calzaturiera mondiale, la Cina vanta il primato sia nella produzione che nell’export e nei consumi di calzatura, tendendo ben a distanza gli altri competitor, con una quota del  59.1% della produzione globale (13,58 miliardi di paia nel 2015), il 18.4% dei consumi (3.8 miliardi di paia) e il 69.1% delle esportazioni (9,88 miliardi di paia). Il colosso cinese tuttavia non è monolitico e, pur mantenendo il suo ruolo di leader del settore a livello globale, la sua industria calzaturiera sta attraversando una profonda trasformazione nel passaggio da protagonista del boom a consolidata e matura attività. In quale direzione stia andando ce lo spiega Li Yuzhong, presidente della CLIAAssociazione Cinese dell’Industria della Pelle.

Li Yuzhong
Li Yuzhong – Presidente della CLIA

Fresco di nomina (avvenuta lo scorso settembre) in capo alla potente associazione cinese che vanta migliaia di aziende associate tra concerie, fornitori di componenti, calzaturifici e pellettieri, Li Yuzhong ha studiato produzione della pelle presso l’Università di Scienza e Tecnologia di Shaanxi. Ha lavorato nell’industria della pelle per trent’anni contribuendo anche allo sviluppo della fiera ACLE – All China Leather Exhibition di Shanghai, del marchio “Vera Pelle” e di diversi altri settori conciari. Prima della sua nomina, in CLIA ricopriva il ruolo di Vice Presidente Esecutivo e Segretario Generale dell’Associazione.

«A lui chiediamo: la Cina è produttore mondiale di calzature nonché leader delle esportazioni, quali sono i trend relativi alla produzione ed alle esportazioni?»

«La produzione e le esportazioni delle calzature cinesi hanno confermato una crescita piuttosto positiva negli anni antecedenti il 2015. Le cose però hanno iniziato a peggiorare proprio nel 2015, anno in cui sia il volume, sia il valore delle esportazioni hanno subito un forte calo, che raramente si era registrato negli anni passati.

Nel 2016, l’industria calzaturiera cinese ha mantenuto un trend pressoché invariato rispetto al 2015. Il tasso di crescita del fatturato con riferimento alla produzione continua a calare, sebbene il tasso abbia mantenuto un valore a singola cifra da medio, a medio alto. Nonostante ciò, questo tasso è il più basso degli ultimi anni.

Le esportazioni hanno continuato a calare, con un tasso di crescita che ha raggiunto -5,7% e  -12,5% rispettivamente in termini di volume e di valore nei primi otto mesi del 2016».

«Secondo il World Footwear Report 2016, la percentuale di esportazioni globali della Cina è scesa dal 74% nel 2012 all’attuale 65%: quali sono le ragioni di questo calo?»

«Il calo in corso non si è ancora fermato. Lo spostamento degli ordini verso altri concorrenti e la svalutazione della valuta sono due delle principali cause. Le esportazioni di calzature e componenti per calzature sono calate del 12,1% in termini di USD nei primi otto mesi, ma il valore in RMB è del  -6,3%. In questo caso possiamo notare come l’effetto negativo delle variazioni della valuta abbia un impatto di quasi la metà del calo».

«La Cina sta vivendo un trend che la porta a delocalizzare la produzione come accade in altre parti del mondo? E se sì, verso quale direzione?»

«E’ corretto, l’industria calzaturiera ha vissuto varie delocalizzazioni industriali negli ultimi anni, sia verso il Sud-Est Asiatico o verso la Cina centrale ed occidentale. La delocalizzazione può essere divisa in due gruppi. Per le aziende di proprietà di imprenditori di Taiwan e di Hong Kong, che sono orientati verso mercati oltre oceano, le destinazioni di delocalizzazione sono sia la Cina centrale, sia altri Paesi. La maggior parte di questi produttori fa parte della filiera di grandi marchi, come ad esempio Nike. In quanto invece alle aziende con sede in Cina e di proprietà di imprenditori cinesi, la maggior parte di esse ha implementato la propria produttività nelle sedi già esistenti. Soprattutto le aziende più grandi hanno scelto di creare nuovi stabilimenti in provincie cinesi dell’entroterra. Abbiamo visto come la scelta di province sulla costa sia calata, mentre la preferenza per province nell’entroterra sia aumentata. Pochi dei produttori di calzature del Paese hanno scelto di creare nuovi stabilimenti oltreoceano».

«La qualità della produzione calzaturiera cinese, negli ultimi anni, è cresciuta sensibilmente: questo ha impattato sul volume della produzione? E se sì, in che modo?»

«La qualità è migliorata, e il prezzo unitario per l’esportazione in generale è costantemente cresciuto negli ultimi anni. Alcuni ordini a basso prezzo sono stati indirizzati verso altri Paesi. Ma ritengo sia difficile dire quale sia la relazione tra la qualità aumentata del prodotto ed il calo del volume delle esportazioni».

«Quali sono gli obiettivi che desidera realizzare in qualità di presidente di CLIA? Tra questi, vi è anche la proposta di organizzare il prossimo World Footwear Congress in Cina?»

«Nel settore della calzatura, CLIA continuerà a guidare l’industria di riferimento per raggiungere una produttività molto più elevata, un maggiore valore aggiunto  e non solo un più alto prezzo unitario, una immagine più consolidata a livello mondiale e, possibilmente, raggiungere un grado di sviluppo maggiore.

La Cina ha un approccio piuttosto positivo rispetto all’organizzazione di congressi: abbiamo già tenuto con successo due edizioni del Congresso della UITIC –  Unione Internazionale dell’Industria della Tecnologia per la Calzatura,  nel 2009 e nel 2013, ed entrambe le edizioni sono state testimonianza di un grande successo. Il prossimo anno, il WLC – Congresso Mondiale della Pelle si terrà in Cina per la prima volta. Stiamo inoltre mantenendo stretti rapporti con il CEC – Confederazione Europea dell’Industria della Calzatura – ed i potenziali sponsor circa la possibilità di organizzare il prossimo WFC – Congresso Mondiale della Calzatura in Cina».